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Fino al 10.IX.2017 | Thomas Lange a Palermo | ZAC –Cantieri culturali della Zisa Palermo

di - 4 Agosto 2017
La grande mostra di Thomas Lange a Palermo raduna opere che vanno dalla fine degli anni Settanta ai nostri giorni, da quando cioè il giovane allievo di Wolfgang Petrick a Berlino, abbandona il realismo politico neo – oggettivo per avvicinarsi al lessico dei nuovi selvaggi. Ciò è evidente in un quadro dal titolo Knochen, del 1980. È una tela di due metri completamente coperta da una scura percolazione di colore che lascia trapelare i bagliori della ridda segnica sottostante, una sovrapposizione di cortine dalle pesanti trasparenze su cui il ventitreenne Thomas tira la sagoma di un osso, Knochen appunto. Dal ponderoso catalogo che accompagna la mostra Palermitana si evince una sorta di dissimulazione della figura che permea l’evidenza sfacciata di una pittura gestuale con una liquida tenerezza. Davide Sarchioni, che oltre ad essere il curatore della mostra è massimo esperto e aedo della pittura di Lange, ricorda che questi immette nella velocità febbrile dei “selvaggi”: “Una modalità più intimamente mediata e prolungata nel tempo, caratterizzata da insistiti interventi sul quadro curati da una sensibile e sicura intuizione e pur sempre da un attento controllo […]”. Le opere di Lange sono infatti caratterizzate da una delicatezza intossicata, la virulenza del gesto che minaccia la figura non riesce però a dominare il quadro.
La figura rimane qualcosa di più che una presenza fantasmatica di fondo. Anche nelle opere più neo espressioniste come Mann über Bord del 1983, così vicine al Fetting della metà degli anni Ottanta, si scorge una doppia misura spaziale che crea un’intercapedine, uno spazio angusto dove dimorano separatamente materia e figura che per questo soggiace agli spasmi delle pennellate più roride, alle colature e  dripping più violenti, ai grumi di materia informe resta integra senza mai compromettersi con essi. Enrico Crispolti, nel saggio che apre il catalogo, imputa questa sopravvivenza della figura a una funzionalità comunicativa che oscilla tra riconoscibilità del modello referenziale e coinvolgimento emotivo, una complessità che, a suo dire, alterna memoria e immanenza pittorica.
Veduta mostra Thomas Lange a Palermo, ZAC Courtesy Atelier Thomas Lange, foto Enzo Alessandra
Quest’alternanza che risuona in un segno chiuso che si scrolla dalla circoscrizione delle sagome è raccordo tra gestualità palese e figura latente, tra materia e memoria. Una continuità questa sancita dalla distribuzione del colore su due registri diversi senza presupposti “bergsoniani” ma piuttosto mostrando quanto la contingenza, ossia l’aggressione del presente, distorca e releghi allo sfondo ogni aggancio affettivo: gli amori, i familiari, gli amici e l’arte. Sì, intesa come memoria storica del fare pittura, l’arte del paese dove ha scelto di vivere: l’Italia.
Più che di citazione, si po’ parlare di una matrice culturale, una riflessione sul portato simbolico delle figure redatte dalla meno degli antichi maestri: dalla Cappella Brancacci a Firenze, gli Adamo ed Eva di Masaccio, o le veneri in terracotta ridotte a vuoti contenitori in una installazione caotica. Tra le opere che evidenziano questa fluttuazione dell’immagine che aleggia sulla superficie Heart & Haeven e Drei Bettegestelle del 2000 sono gli esempi di un languido deliquio di ombre. Questa reminiscenza quando trova il suo equilibrio nello spazio della materia, quando sfugge all’oltraggio del gesto s’impone come una sagoma traslucida avvicinando la pittura di Lange ad alcune soluzioni di Polke, sebbene con i dovuti distinguo.
La pittura di Lange sembra sempre misurarsi con un immaginario privato trattato sempre con una delicatezza estrema, con una graziosità e un vezzosità settecentesca, a mio avviso più vicino alle atmosfere di Jean-Honoré Fragonard che alla brutalità dei Neuen Wilden. Indubbiamente la lezione tedesca è evidente sia nell’impostazione della grammatica pittorica, sia nel trattamento della superficie ma l’impostazione drammaturgica, a cominciare dai Bagnanti (Badende) del 1989 per finire al Bagno (Bedezimmer) del 2014, sembra pervasa di un leggiadro erotismo, morbido e luminoso che riesce per un attimo a disintossicarsi dalla violenta percolazione, ed è capace di mutare lo spruzzo del colore sulla scena da vettore emotivo a  strumento narrativo. Lange, nelle sue opere celebra  momenti privati l’emozione di quando, nell’istante, si rivela il significato di un’intera esistenza. Così lo sguardo della Sorella (Schwester) 2014 – 15 blocca istantaneamente il percorso convulso delle linee, ferma la discesa del colore in un velo colorato. È Thomas Lange stesso, in dialogo con Francesco Nucci, a raccontare il portato di questa celebrazione che oltre ad essere la restituzione di un dato esistenziale è anche contrasto all’anestesia emotiva generalizzante, dice infatti: ” L’emozione che [invece] propone l’offerta artistica è un’offerta di emozione positiva, poiché va oltre qualsiasi propaganda o cose simili, a tal proposito, l’unica cosa che posso dire è: io ho la stessa paura del caos di tanti altri e allo stesso momento desidero questo caos e voglio sopravvivere insieme a te in questo caos.”
Marcello Carriero
mostra visitata il 7 luglio
Dal 7 luglio a 10 settembre 2017
Thomas Lange a Palermo
ZAC – Zisa Zona Arti Contemporanee
Via Paolo Gili 4, Palermo
Orari: da martedì a domenica dalle 9:30 alle 18:30
Info: cultura@comune.palermo.it, museispaziespositivi@comune.palermo.it

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