Juan Esperanza (Città del Messico, 1959) ha scelto di vivere a Sutera, un piccolo centro nella provincia di Caltanissetta: una scelta che genera curiosità, una svolta dagli esiti artistici interessanti. Lasciato il Messico a soli venticinque anni, e dopo un tour in Europa, approda nel 1984 nel cuore della Sicilia. Esponeo in numerose città europee, tra cui Roma, Parigi e Stoccolma, ma anche a Chicago, in Messico e in Argentina. Già presente alla XLIV Biennale di Venezia, Esperanza è oggi finalmente a Palermo, con un’antologica che propone alcune tra le opere più rappresentative della sua carriera.
…di Terre Magiche, titolo della mostra curata da Giulia Ingarao, permette di ricostruire le tappe di un percorso artistico durato un ventennio. Protagonista è sempre il corpo. Allungato, deformato, smembrato, il corpo viene liberato da qualsiasi eccesso ossessivo, per essere interpretato con quell’ironia e con quello humor nero che da sempre contraddistinguono i messicani.
Scorrendo le opere si riesce agevolmente a penetrare la cifra stilistica dell’artista, caratterizzata da un originale e affascinante eclettismo legato indissolubilmente all’uso disinibito di più materiali e tecniche. Attraverso pittura, ceramica e cartapesta, Esperanza riesce infatti a spaziare dall’informale all’arte precolombiana, senza mai abbandonare simbolismo e primitivismo, con richiami più o meno espliciti a Picasso e al surrealismo. Opere quali Cabron che baila o Eloi
Fra i temi trattati, il femminile, come scrive la Ingarao, “occupa una posizione dominante nelle tele di Esperanza: corpi dalle forme abbondanti ostentano una sensualità spudorata ed ironica e sfidano i confini della tela”. Donna in blu, una delle ceramiche esposte, è un busto dai fianchi fortemente accentuati e dalla testa a forma di morula, cosparsa di molteplici facce dalle espressioni più varie. L’iconografia rimanda inevitabilmente a Tlazolteotl, la dea azteca della terra, del sesso e della nascita. Tlazolteotl, conosciuta anche col nome di Ixcuiname, il cui significato è “dea dalle quattro facce”, si ritrova nei quattro visi di donna che spuntano fuori dalle sue Zapatitos.
E ancora sguardi allucinati, colli che si allungano a dismisura, falli che inseguono donne, bocche spalancate che mostrano denti acuminati su teste che, grazie all’espediente delle tele estroflesse, invadono violentemente il suo spazio, coinvolgendolo a forza. Tra fascino, ripugnanza e provocazione.
manuela conciauro
mostra visitata il 17 novembre 2005
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Non ci sono parole per esprimere la tristezza della programmazione di questa galleria! Nomi mai sentiti spacciati per grandi maestri.
Parlare di antologica per un artista che fino ad ora ha esposto solo in bar dello sport e gallerie di periferia è il massimo del minimo!
Ma la redazione di exib si è accorta di quello che sta succedendo qua giù?
manuela statti a casa.
o vai alcinema.
Ci resta solo l'esperanza di non dover sentire più parlare o vedere cose del genere.
Garage è proprio il nome giusto per questa galleria.......
Pessima mostra e pessima galleria, ma Palermo ormai è ridotta così? Sono queste le espressioni del contemporaneo in città? Chi è Juan Esperanza? Cosa ha fatto prima di approdare nella "prestigiosa" galleria palermitana? Buon anno nuovo!