Le ore felici collezionate da Antonio Micciché (Palermo, 1966) possiedono l’ambiguità di certi frammenti nostalgici, ritagli visivi non troppo nitidi, emersi dal fondo della memoria. Il suo è una specie di viaggio à rebours, incontro alla storia. Ed è la storia collettiva, quella fatta di vicende di cronaca nera, politica o sociale, ad affollare i ricordi dell’artista per questo nuovo progetto, un’ampia personale composta da 23 disegni di svariate dimensioni.
Selezionando decine di immagini mediatiche, poi fedelmente riprodotte su carta o su multistrato, Micciché affronta la questione del tempo con lo slancio e l’immediatezza proprie del segno grafico.
Impossibile non apprezzare, ancora una volta, l’accurata definizione, il controllo e la perizia che hanno da sempre contraddistinto la sua mano. L’artista, però, arriva oggi a spingere il disegno più in là del solito. Mentre i lavori piccoli risultano preziosi e lucidissimi, grazie ai contorni scalfiti con chirurgica esattezza, quelli più grandi – come il bellissimo Gaza – accolgono ampi movimenti cromatici, strutturandosi attraverso masse di ombre e di luce, reticoli di segni morbidi e soffici “campiture”. In un gioco sottile che procede dal dettaglio fino all’astrazione, la grafite approda a un pathos, a una freschezza e a una complessità che sono già, innegabilmente, pittura.
Il residuo dell’immagine fredda – immagine proveniente dalla tv, dal web o dalla carta stampata – diviene apparizione tiepida, miraggio pittorico denso e insieme cangiante. Una visione che appare e scompare senza sosta.
Si susseguono scene insospettabili, apparentemente banali, connesse in realtà ai fatti scandalosi di prima pagina, quelli che scatenano il clamore giornalistico e il panico di massa. La casetta di Cogne, uno sbarco di clandestini a Lampedusa, la strage di Via D’Amelio, la folla tra le macerie delle Twin Towers, il piccolo Giuseppe Di Matteo a cavallo.
Ma non è tutto. Se questi stessi soggetti finiscono per somigliare a rappresentazioni di genere, dal sapore spiccatamente “classico”, il meccanismo della mistificazione procede anche in un altro senso, nel tentativo di portare fuori strada lo spettatore. Tra una parentesi noir, un appunto cronachistico e uno scandalo di mafia, si dispiegano altre memorie rideste. E non è più, stavolta, una faccenda collettiva, ma qualcosa di privato. Alcune fotografie scattate dall’artista – paesaggi, scorci romantici, luoghi solitari – offrono lo spunto per lavori che restano lontani dal fragore compulsivo della storia. Nessuna differenza, a un primo sguardo, tra le due tipologie di opere. Si confondono le scene, si mescolano i nomi delle città, i giorni e le date, mentre le memorie si livellano in un unico balzo romantico.
Il disegno, cavalcando l’ora felice di un tempo trascorso e ormai inoffensivo, precipita ogni dettaglio verso un medesimo fondo placido, contemplativo. Il segno, allora, imita l’andatura lenta del ricordo che avanza, mentre il grigio, il nero e il bianco restituiscono la malinconica memoria dell’occhio e dello spirito, intenti a ricomporre scene e atmosfere perdute per strada.
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Galleria Nuvole
Via Matteo Bonello, 21 (zona Cattedrale) – 90134 Palermo
Orario: da mercoledì a sabato ore 17-20 o su appuntamento
Ingresso libero
Catalogo con testo di Jean Blanchaert
Info: tel./fax +39 091323718; nuvole@associazionenuvole.it; www.associazionenuvole.it
[exibart]
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