14 maggio 2007

fino al 15.VI.2007 Emilio Isgrò Palermo, Galleria dell’Arco

 
Cancellando carte geografiche e pagine di letteratura, un viaggio fuori rotta attraverso la Sicilia di Pirandello e la Cina delle merci in transito. Un maestro del secondo ‘900 si confronta col tema del nomadismo...

di

La sfida mordace di Emilio Isgrò (Barcellona Pozzo di Gotto, 1937) inizia quarant’anni fa. È il 1964. Il giovane poeta siciliano inaugura un viaggio à rebours, verso origini dimenticate e nuove aperture di senso. Gli esperimenti di poesia visiva approdano a una ricerca estetica rigorosa, costruita intorno all’ambigua relazione tra immagine e parola. Eccolo il paradosso perseguito: edificare demolendo, disvelare sottraendo, raggiungere il punto zero -della visione, della scrittura, della narrazione- e da qui assumersi l’ardire di una nuova costruzione semantica, lungo percorsi accidentati, ciechi.
Le cancellature di Isgrò passano alla storia come pionieristiche manifestazioni del più rivoluzionario concettualismo europeo. Articoli di cronaca, testi di letteratura, interi volumi di enciclopedie implodono in un’opacità afasica: quintali di parole vengono tagliate, segnate, negate, occultate, pagina dopo pagina, attraverso meticolose maglie di segni neri. Si tratta di un’opera di riscrittura a-verbale che, conferendo al libro uno statuto di oggetto estetico e filosofico, tenta di restituire al simulacro la potenza spirituale del logos, l’eco del verbo primigenio.
La Giara di Shanghai, progetto realizzato per la palermitana Galleria dell’Arco, estende il processo di cancellazione allo spazio, inteso come luogo geografico e culturale. La Sicilia e la Cina, nodi tematici o forse pretesti poetico-concettuali, si specchiano l’una nell’altra. Il tema del viaggio e della migrazione è il link gettato tra due terre lontane, accomunate da un’identità protesa allo scambio di genti, idiomi, merci. L’occhio è costretto a contemplare silenziose cartine della Sicilia (alcune in caratteri cinesi), contaminate da prepotenti segni: l’inciampo visivo che ne viene ha il sapore del disorientamento. Nomi di città, paesi, monti, fiumi, mari scompaiono dietro segmenti neri o Emilio Isgrò, La Giara di Shanghai - tecnica mista su tavola , scultura in acciaio e fiberglass bianchi, rotte da seguire per imparare a smarrirsi. Poche le lettere superstiti, inutili punti di riferimento a cui appendere lo sguardo ebbro.
E poi, l’abisso della letteratura. La Giara, novella-icona della tradizione sicula, è il testo scelto come metafora di una cultura popolare antica, contenitore di valori perduti e resistenti clichè. Sulle pareti i volumi-scultura spalancano pagine di pirandelliana prosa, annichilite o ri-generate dal gesto netto dell’artista che sottrae e “riscrive”. Dietro le superfici testuali di Isgrò, singhiozzanti di ordinate negazioni, si muove l’energia di parole non uccise, ma conservate, celate, messe in parentesi. Il caos che ne deriva – interrotto solo da brevi frammenti di testo lasciati integri, nudi – diventa possibilità di visione altra, capovolgimento dell’ovvio, domanda perpetua, apertura sull’ignoto.
Ma la giara, qui, si fa anche installazione. Il possente vaso, insieme simbolo universale e reperto popolare, resuscita in un bianco che di nuovo astrae e cancella. Da qui fuoriescono sciami di minuscole formiche-sticker che invadono i muri, marcando nuove traiettorie da decifrare. A fare da quinta scenografica una cartina della Cina, anch’essa velata di bianco e brulicante di piccoli segni in movimento: carovane di insetti percorrono la Via della Seta, occultando passaggi noti e sciorinando digressioni geografiche prive di bussola.
Un’ossessione che ritorna, quella per gli insetti, scelti da Isgrò come emblema della “transumanza” operosa e creativa che da sempre incrocia popoli, lingue, idee, culture, opponendo resistenza al pericolo incombente dell’omologazione.

helga marsala
mostra visitata il 14 aprile 2007


dal 14 aprile al 15 giugno 2007
Emilio Isgrò – La Giara di Shangai. A cura di Sergio Troisi
Palermo, Galleria Dell’Arco – Via Siracusa 9
info: tel +39 0916261234, fax +39 0916261234
info@dearco.itwww.dearco.it
tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16,30 alle 19,30; la domenica solo la mattina, il lunedì solo il pomeriggio (possono variare, verificare sempre via telefono)


[exibart]

20 Commenti

  1. non ho ben capito cosa c’entri la giara di pirandello con la cina. in ogni caso l’istallazione è di grande impatto. interessante!

  2. ‘La giara’ di Pirandello, ‘bella panciuta e a petto di uomo’ si presenta con gli attributi della possanza, ma colui che sarà chiamato a ripararla vi rimarrà chiuso dentro rendendola inutilizzabile. Anche Isgrò rende inutilizzabile la scrittura cancellandola e costringendoci quindi a reinventarla. Si lavora sul paradosso!
    La Cina è al tempo stesso vicina e lontana, lontana nello spazio ma vicina in certe forme artigianali negli oggettti di uso quotidiano. Molti vasi cinesi hanno una forma che ricorda quella della giara.

  3. brutta..non mi piace…cari amici una mostra d’arte è qualcosa di più di un gelato…che può piacere o no…ci vuole un pò di argomentazione e di sostanza.

  4. Abominevole! Mai visto nulla di più insulso e idiota! Ma costui chi si crede di essere? Ha studiato qualcosa? Sa che cos’è l’arte? Ma chi vuol prendere per i fondelli? E si fa anche pubblicità su Rete 4 alla Fiera del Libro di Milano con un’opera “per soli amici”. Non sa che un artista ha il dovere di essere unversale, a disposizione dell’umanità?
    CHE PENA!!!

  5. Isgrò è un artista profondamente colto e celebrale. Credo che sia uno degli artisti italiani viventi più ricco di innovatività e di freschezza. Dobbiamo essere orgogliosi di un nostro conterraneo così internazionale ma al tempo stesso così siciliano!

  6. caro ghelardini,
    non giudicare un artista per aver fatto una semplice edizione di u libro d’artista in serie limitata (lo fanno in tanti sai?), ignorando le grandi cose che ha fatto prima (ad esempio negli ultimi 50 anni..ma tu dove eri?). parli di universalità nell’arte…beh in molti ritengono che la cancellatura di isgrò sia proprio una di quelle invenzioni che per la sua universalità ha travalicato confini geografici e temporali …basta sfogliare le riviste d’arte per vedere che quanti artisti si rifanno alla cancellatura..dimostrando quanto essa sia attuale ancora oggi…ti domandi dove abbia studiato isgrò….perchè non te lo vai a cercare in un libro d’arte lasciando più spazio a domande costruttive? in definitiva dovresti guardare meno i telegiornali di fede e riflettere un po di piu ( a televisione spenta)

  7. isgro’ non e’ stato il primo a cancellare quindi non mi sembra un invenzione!

    ma chi le dice queste buffonate?

    state zitti

  8. se isgrò non è stato il primo a cancellare allora chi è stato? ti prego di indicare artista, opera e anno di esecuzione..grazie

  9. caro amico documentati!
    sai in che anni kosuth ha fatto le cancellature?
    non che la storia dell’arte si debba ridurre ad una gara al cronografo…ma diamo a cesare quel che è di cesare.
    kosuth ha cancellato DOPO isgrò e non prima. le prime cancellature di isgrò risalgono ai primi anni 60!

  10. Kosuth è un pilastro dell’arte concettuale. Onore e merito ad un grande artista concettuale, ma non cambiamo i fatti. La prima cancellatura di emilio isgrò è stata fatta nel 1963. In quell’anno Kosuth era uno studente all’istituto d’arte di Cleveland e la sua prima grande opera concettuale, one and three chairs, è datata 1965. Isgrò merita molta più considerazione di quanta non ne abbia già da parte di tutto il sistema dell’arte.

  11. super guida dovresti andare di più alle mostre e frequentare meno gli ippodromi. quando vai alle mostre fermati ad un bookshop ed acquista qualche volume sull’arte concettuale, aprilo e guardati le date.

  12. Non ti dovrei nemmeno rispondere, ma è opportuno x farti accendere le meningi. Io nn guardo i TG di Fede, mai, nè l’insulsa tv di oggi. Vammi a cercare in Google, a mio nome, su progetto Circe Roma 3 prof. Briganti e Arte e dintorni Unimarconi e ti chiarirai le idee. Nei 50 avevo 5 anni, e con ciò? Guardati anche Armando Ghelardini mio padre, Gaudenzi, Gallian, Marinetti, Bragaglia, Barbaro, Bontempelli e il Futurismo. Poi ne riparliamo, eh? Teniti le pecionate del tuo amicoi! Buon pro ti faccia. L’arte non è cancellare, bensì creare.
    Prof. Ghelardini

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui