Interni domestici, sale da bar, città avvolte nella penombra che disegnano territori non connotati: come una claustrofobica sequenza di scatole cinesi si aprono le ambientazioni pittoriche di
Alberto Sughi (Cesena, 1928), a cui Palazzo Sant’Elia dedica un’ampia retrospettiva curata da Maurizio Calvesi.
Ripetuti fermo-immagine di quel lungo film che è la vita stessa, alternano memoria e quotidiano in una continua denuncia di emozioni e sentimenti bloccati dal peso dell’alienazione. Opere che sembrano esser nate nel buio, impregnate di un’atmosfera opaca e popolate da figure intrappolate entro fitte reti di pensieri senza sbocco.
Sono uomini e donne, borghesi di mezz’età dai volti seri e tutti uguali, a fare quasi omaggio alla fatica sterile e angosciosa dello stare al mondo. Quel mondo in cui i sistemi sociali dominanti, i dettami delle mode e gli opportunismi culturali determinano incondizionatamente i destini umani.
Nelle immagini di Sughi il tempo pare non esistere: pur collocate all’interno di un certo (ingannevole) realismo, le rimozioni di sogni proibiti affiorano attraverso scansioni mentali sfumate, mentre lo spazio, ancorché abitato, si fa scenario di un grande vuoto psicologico e morale.
Il nichilismo di Sughi cerca palesemente in
Francis Bacon un orizzonte drammatico di riferimento, tentando di precipitare il soggetto in un baratro esistenziale a tinte fosche. La sfida, tuttavia, fra residui di poetiche tardoromantiche, resta sul piano di una patina illustrativa che indebolisce la tensione: pennellate che galleggiano in superficie, colori privi di profondità, grigi spenti e, a tratti, un certo accademismo sottolineano l’innegabile volontà di raggiungere un vigore espressionista, capace però più di sibilare che di urlare.
Con il suo lavoro, Sughi offre allo spettatore un diario d’immagini malinconiche, una mesta avventura nel quotidiano che si propone sistematicamente, da
Giorni tristi del 1959 fino al trittico
Stabat Mater del 2008, non come dramma bensì come messa in scena del dramma stesso. Un artificio enfatico e insoluto.
La complessità dei temi e l’ampiezza della mostra risultano purtroppo penalizzate da un affrettato e inefficace allestimento. Le macroscopiche e ineleganti didascalie non compensano certo l’assenza di apparati didattici, mentre appare assai infelice la pirotecnica resa delle tre salette alla fine del percorso: un affollamento di opere non commisurate agli spazi condanna lo spettatore a un incalzante disorientamento, qui aggravato dagli antichi affreschi alle pareti e dalle sgradevoli plafoniere addossate alle cornici dei quadri.
Palazzo Sant’Elia ha presentato quest’evento come il primo di un ampio (e non specificato) programma di mostre dedicate ai maestri italiani della pittura del Novecento. Una nuova sterzata nella conduzione di questo straordinario quanto mortificato spazio per l’arte a Palermo, di cui
Exibart s’è occupato di recente con un affilato editoriale.
Rilevando ancora una volta l’approssimazione generale con cui questo luogo-contenitore – al di là dei singoli eventi proposti – continua a esser gestito, si attende una risoluzione oculata della questione. Nel segno della progettualità, della professionalità, del rigore.
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un'altra vergogna del museo sant'Elia! ma chi è questo pittoruncolo che ottiene spazi, manifesti, cataloghi dalla provincia di Palermo?
Vergogna! Vergogna! Vergogna!
ecco cosa e' palazzo sant'Elia e la Provincia di Palermo:
http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=26574&IDCategoria=1
VERGOGNA SI'!!!!! A Palazzo Sant'Elia bisognerebbe cominciare dal "Direttore museale" Rotolo (mai nome fu più calzante), sul cui profilo ogni commento è inadeguato, coadiuvato dalla ridicola promozione a "direttori d'allestimento" di due assoluti sprovveduti Provinciali, continuando per il Consulente Gallo (!), l'Assessore Ma-chi-è???, il Presidente Avanti (ragazzi, c'è da ridere, se non fosse una tragedia)... bisognerebbe cacciarli tutti VIA!!! La storia del Sant'Elia era già stata costellata di improbabili propositi e puntuali aborti, riprese, fallimenti, tentativi, flop e tristi approdi. Adesso sta rasentando l'HORROR.. Alberto Sughi è una mostra imbarazzante e orribile, è il segno dell'ignoranza e della confusione in cui brancola questa combriccola di amministratori senza profilo nè dignità. Per dare lancio e spicco a un Museo degno di chamarsi tale bisogna nominare esperti VERI, indire pubblici CONCORSI, affidare la programmazione a commissioni COMPETENTI!! Quando lo capiremo?!?? Intanto Palermo fa spreco sacrilego di spazi e risorse da Dio! Amen.
Ah! Ah! Ah! Stefano, m'hai fatto schiantare dal ridere! NOMEN OMEN! State messi male alla Provincia di Palermo!!!!... Scherzi a perte, avete ragione, la vostra è una città bellissima, che conosco e amo. È un vero peccato che non sia a tutti gli effetti uno degli scenari di punta del nostro panorama dell'arte. Per cultura e sensibilità verso il contemporaneo.
e quali sarebbero gli scenari di punta in italia! e' tutta la stessa m.....! anzi il pesce puzza dalla testa!
che ha di diverso questa mostra dalla precedente?
dallo scandalo sant' Elia?
loving sant'Elia?
nulla stessa vergogna!
solo che questa volta pagando la pubblicita' su questo portale la provincia ha ottenuto la recensione invece della notizia di denuncia di malaffare!
sono un bel po' sconcertata!
mi dispiace moltissimo!
anche sulla bibbia e' scritto:
il denaro e' la misura di tutte le cose!
E che facevamo Loving Sant’Elia 2? Poi 3, poi 4? La stessa solfa a ogni mostra? L’editoriale su tutta la faccenda è stato fatto, punto. E la seconda puntata non ci sarà finchè non accadrà qualcosa di significativo da un punto di vista politico-gestionale. Questa qui è semplicemente una recensione, che per altro contiene diverse note critiche e che alla fine si ricollega comunque all’editoriale di cui sopra. Questa storia della pubblicità che c’entra? Sarebbe opportuno leggere i pezzi prima di commentare.
invece non facciamo piu nulla. dormiamo.