Di punti esclamativi non se ne risparmiano di questi tempi. Non poteva quindi mancarne uno bello grande in appendice alle opere che Marina Giordano ha raccolto intorno al tema del movimento nella collettiva di giovani artisti palermitani che ha inaugurato il centro ViviArte. Fotografie, incisioni, pittura e musica elettronica raccontano frammenti in rapida successione di storie personali, collettive, metropolitane, sentimentali e intime, in cui un’identità generazionale si confronta e cerca per la prima volta l’attenzione del pubblico.
Se alcune delle opere selezionate appaiono costrette entro una certa ingenuità d’approccio, priva ancora di una speciale carica di problematizzazione, tuttavia la qualità di talune proposte è assolutamente convincente e apre nuovi felici squarci sulla giovane creatività palermitana. È il caso dell’intensa sequenza di scatti di Arianna Biondo: immagini di guerra rubate al teleschermo e che si materializzano nei pixel sgranati di un movimento che è desiderio di cancellazione ed insieme memoria labile di una realtà atroce da fermare, com-prendere e mettere meglio a fuoco.
I dipinti di Davide Sansone sono diluizioni a olio di un mondo che corre troppo in fretta per non lasciarci desiderosi di un fermo-immagine, in cui il caos metropolitano trovi un suo ordine, una sua ragione compositiva che è anche incanto e consapevolezza della solitudine esistenziale.
Con fotogrammi dalla seconda guerra mondiale fanno i conti le incisioni a cera molle di Monica Lercara, disintegrazione lirica della ferocia bellica in un bianco e nero, come documento residuo di quella barbarie. Al b/n è affidata anche la risoluzione delle belle, quasi stucchevoli, pitto-fotografie di Margherita Anello e Giuseppe Stancapiano: danza iniziatica di un ragazza con il suo velo, contro il vento di una desolata spiaggia invernale silenziosa e sospesa. La rimusicazione elettronica de L’uomo con la macchina da presa ad opera dei fratelli Alessandro e Dario Basile vuole suggerire nuovi contesti per la sequenza di immagini cinematografiche del celebre film muto di Dziga Vertov. Mentre i tagli fotografici di Salvatore Prestifilippo raccontano compiaciute un’intimità domestica che procede per le accelerazioni e gli strappi di un’ordinaria routine.
L’inaugurazione di questa mostra è l’ultimo segnale di una città affamata d’arte, in cui si moltiplicano gli spazi gestiti da giovani – ViviArte nasce dalla volontà e dall’impegno di tre neo-dottoresse laureate al DAMS di Palermo – con una vocazione al confronto che è anche il bisogno di attestare una presenza. Che ben vengano dunque occasioni come questa in cui verificare qualità e consistenza di una proposta, per sondare nuove capacità di “presa” sul contemporaneo e testare così anche i margini di interazione e dialogo con un pubblico sempre più esigente, attento ed informato. Pubblico che non è mancato numeroso all’opening dell’esposizione, con l’evidente entusiasmo per un’iniziativa che si spera acquisisca nel tempo una sua caratterizzazione sempre più forte, anche e soprattutto all’interno del non facile tessuto sociale del quartiere dell’Albergheria.
davide lacagnina
mostra visitata il 2 luglio 2004
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