Scienziato, alchimista, conoscitore dei rimedi di ogni malanno, guaritore un po’ mago e non di meno mercante. Ognuna di queste qualifiche concorreva a definire il ruolo pubblico e lo status dell’antico farmacista titolare di bottega all’interno della società italiana tardo-rinascimentale. E proprio ognuna di queste attribuzioni attestava e sostanziava, a vario titolo, il prestigio e la considerazione di cui l’antico ordine corporativo godeva egualmente presso ogni ceto, abbiente o basso, colto o analfabeta.
Promettendo allora suggestioni letterarie sin dal titolo, che rispolvera l’antico nome dell’arte della farmacopea, e pubblicando gli inventari di due aromatai palermitani, Giovanni Alojsio Grillo attivo alla Vucciria e Nicolò Gervasi a Ballarò, questa mostra ci dà esatta testimonianza della percezione che i laboratori e l’attività artigiana e commerciale degli speziali avevano presso la società cinque-seicentesca. E in primo luogo ricompone il senso e lo speciale valore culturale che i variopinti corredi di maioliche –albarelli a rocchetto, pilloliere, fiasche e brocche d’ogni forma e dimensione– assumevano, riposti come dentro tabernacoli, sulle scansie e gli armadi della bottega rinascimentale: “presidio sanitario e nel contempo emblema culturale, unico luogo laico a disporre di immagini e segni evocativi a beneficio di un pubblico, in gran parte analfabeta, aduso all’apprendimento orale rafforzato dal linguaggio iconografico”.
Scenografica alla maniera di un’anglo-americana period room, la filologica “messa in scena” di un autentico banco da speziale conferisce gradevolezza ad un allestimento privo d’ogni presunzione stilistica, ma curato sotto il profilo didattico. In mostra alcune centinaia di manufatti tra quelli delle collezioni ceramiche di pertinenza della Galleria Regionale: manufatti sia siciliani –suddivisi per centri di produzione: Caltagirone, Palermo, Trapani, Sciacca, Burgio, Collesano– sia d’importazione, tra i quali si distinguono, quanto a ricercatezza, quelli faentini appartenuti fino all’Unità d’Italia al corredo della spezieria dell’Abbazia benedettina di San Martino delle Scale. Alle maioliche s’aggiungono inoltre esemplari di inventari farmaceutici a stampa, le cui illustrazioni ben dialogano con le figurazioni dei vasi, a sottolineare la mutua derivazione dei motivi rappresentati negli uni e negli altri.
Nel loro complesso, dunque, le collezioni esposte riepilogano un’intera cultura figurativa e decorativa, in cui storie sacre e santi protettori s’alternano a soggetti profani, ed emblemi ancora goticheggianti a repertori ornamentali più moderni. Una casistica capace di testimoniare l’alternanza del gusto isolano per la decorazione –a volte davvero esuberante– e, infine, l’incontro lungo le rotte commerciali del Mediterraneo, tra i modelli compositivi e iconografici propri della Maniera italiana e della tradizione settentrionale e i tesori dell’arte unguentaria giunti in Sicilia da oriente e dal mondo arabo.
vincenzo ferraro
mostra visitata il 15 dicembre 2005
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