Memoria e identità
sono i perni della mostra di Francesco Balsamo (Catania, 1969), nonché della sua
poetica in generale. L’artista siciliano analizza il
modo in cui queste due dimensioni si articolano e si rivelano nel tempo
inafferrabile del quotidiano. Nel cosmo identitario che si vorrebbe ordinato,
domato e rifinito, Balsamo apre uno squarcio che conduce alla profondità
dell’essere, la cui materia non è solida né compatta ma stratiforme, con un
sovrapporsi di veli leggerissimi e impalpabili che il tempo rende consistenti,
pesanti e materici, e per questo corrotti e corruttibili.
In questa
dimensione, il solo tempo coniugabile è quello del quotidiano, in cui
insensibilmente e disordinatamente si tessono i tanti fili della memoria e
dell’identità. La memoria, come il filo nero di Sostare come un rocchetto, in cui si rapprende e solidifica
la sostanza rarefatta dell’esperienza di vita; l’identità, come quella di Chiari
del bosco, divenuta
tessuto diafano e impalpabile, in cui è facile aprire squarci di luce. Il
bosco, luogo del mistero e della perdizione nella sua trama claustrofobica di
rami e fusti, racconta il viaggio dentro se stessi, mentre tutto galleggia in
quel chiarore ancestrale che scopre finalmente le mani celate della Ginevra
Benci di Leonardo.
Difficile o vana
appare dunque la ricerca volta a fissare le coordinate del paradigma
identitario, specialmente quando l’immagine, come in Coro, viene sminuzzata in migliaia di
coriandoli, fotografie che l’artista stesso ritaglia con precisione certosina.
L’asse orizzontale che taglia in due la grande tela sottolinea la doppia natura
dell’artista in equilibrio tra disegno fiammingo e gestualità informale. Il
ripiano sottile s’inarca sotto il peso dei coriandoli che scivolano giù come
ciottoli trascinati dall’acqua del torrente de Il fiume (pregare le pietre).
Ma quanto può essere pesante un coriandolo? L’espressione
più gioiosa e leggera del gioco d’infanzia diviene lo spunto per meditare sulla
precarietà della condizione umana e sul nostro essere “emigranti nel tempo”, come Raffaella De Pasquale
scrive nel testo di presentazione della mostra. La poetica di Balsamo gioca
continuamente sulla precarietà dell’equilibrio, la delicatezza e la leggerezza
che equivalgono ai loro opposti. Così, coriandoli pesanti come sassi piovono
dentro Preghiere,
un piccolo ombrello capovolto che non respinge ma raccoglie.
Sono gli ossimori di Balsamo, davanti ai quali la mente cerca punti fermi come la verticalità
e l’orizzontalità. Verticali sono le linee dei fili ai quali sono appese le
piccole palline colorate pesanti come piombini in I pianeti di un bambino, o i due fili che legano i due
bussolotti all’atroce destino dello scrittore ebreo polacco in Omaggio a
Bruno Schulz, o
ancora la neve che cade lenta nel Trittico delle nevicate; orizzontali sono le fessure che
dividono in due la tela: sono assi cartesiani che creano un tracciato misurato
e misurabile, l’occasione per ritrovare le coordinate del nostro volto, della
nostra vita, del nostro momento.
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dal 5 dicembre 2009 al 5 febbraio 2010
Francesco
Balsamo – il tempo plurale delle figure
a cura di Raffaella De Pasquale
Galleria Nuvole
Via Matteo Bonello, 21 (zona Cattedrale) – 90134 Palermo
Orario: da mercoledì a sabato ore 17-20 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 091323718; nuvole@associazionenuvole.it;
www.associazionenuvole.it
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