Minimo radicale presenta sette giovani artisti palermitani, quasi tutti poco più che ventenni. Li accomuna una tendenza a lavorare su spostamenti minimi, su piccole trasformazioni di una realtà vicina e apparentemente banale. Il risultato, stranamente, non è minimale ma molto caldo e intimo, ancorché svincolato da biografismi narrativi.
Le opere inedite, pensate per le sale del castello che ospita il museo, si articolano grazie a un allestimento fluido, calibrato, che assegna a ogni artista uno spazio individuale. Solo una sala a metà percorso, scandita dal bianco dei fogli e da direttrici orizzontali, raccoglie i disegni di alcuni, come a rappresentare una sorta di punto d’incontro leggero, fatto di segni minimi.
Nel video di
Giuseppe Buzzotta, una zoomata sul balcone del vicino di casa mostra una girandola colorata che si sovrappone alla rotazione di una nebulosa nello spazio. Tre foto in bianco e nero ritraggono finestre provenienti dal quotidiano dell’artista.
Federico Lupo filma un carillon con una testolina di lupo che gira in loop. La ripresa perde e riacquista la messa a fuoco, come se allo sguardo fosse impedita una visione chiara. A fianco, una mascherina di fattura artigianale, custodita in una scatola di legno, diventa metafora della visione incantata dell’infanzia. Il video di
Carlo Cislaghi è come un volo radente che confonde il viaggio di una libellula con quello di uno stormo di gabbiani: cielo e terra sembrano convivere su uno stesso piano d’azione, uniti da un costante ronzio elettronico e da suoni distorti di cornamuse e percussioni.
Nonostante alcune opere rivelino qualche punta d’ingenuità, probabilmente a causa della giovane età degli artisti, la mostra raggiunge punte poetiche elevate. Come nel caso del complesso lavoro di
Vincenzo Schillaci: le cancellature e le rielaborazioni d’immagini d’archivio diventano piccole pitture cariche d’intensità ed emotività. Sono vecchi abbonamenti ferroviari, fotografie trovate fra i banchi dei mercatini, fumetti degli anni ‘70 su cui l’artista è intervenuto per condurli a nuova vita. O come per il video di
Luna Amato,
Pentagramma, in cui cinque cavi della luce si fanno disegno astratto dal tenue respiro, tracciato su un cielo bianchissimo: il lavoro è parte del progetto
Plenitudo Vacui, composto da quattro frammenti giocati sul contrasto fra un sonoro dinamico e una visione statica.
E ancora, nel disegno
Tre metri di stanza di
Giovanni Sortino, l’ossessiva ripetizione in orizzontale della stessa camera da letto segue il movimento dell’occhio e del corpo nello spazio e nel tempo, distorcendo la percezione del proprio quotidiano. La tela
Lannino ponteggi vs Giacinto Carini reinventa invece la vista dai due balconi sovrapposti di casa dell’artista, attuando una visione impossibile.
Infine, nei dipinti di
Giuseppe Adamo le sagome dei personaggi, estraniate da contesti diversi – dalla strada ai media ai dipinti di
Bruegel – convivono in uno spazio maniacale, piatto, pulito, che ambiguamente dischiude accenni di piccole possibili storie.
La vita palermitana sembra avere un’influenza intimista su questi artisti, che rivelano un atteggiamento quasi da profondo nord. Insospettabili energie arrivano a sorpresa dalla città più africana d’Europa.