“Piani di fuga” è una delle possibili traduzioni letterali di “landscapes”, analogo inglese dell’italiano “paesaggi”: materia apparentemente demodé e forse per questo ormai sostituita, nella vulgata, dagli inflazionati “scapes” che affollano i titoli di tante recenti mostre. In realtà il paesaggio è affare serio e il confronto con la sua rappresentazione impone una sensibilità che va ben oltre la narrazione o la mera figurazione, fin dentro le ragioni stesse della sua definizione.
Ambiguamente a metà fra ciò che è e ciò che si vede, il paesaggio esiste infatti negli occhi di chi guarda e si misura con esso su quei “piani di fuga” di chi, come nel caso specifico di Antonio Miccichè (Palermo, 1966), ne invera la percezione attraverso la pittura. Emergente in maniera chiara fin dai suoi esordi, nei primi anni Novanta, e oggi riportato ad una dimensione esclusivamente urbana, con la costa palermitana quale soggetto ossessivo e ricorrente della visione, il tema del paesaggio, e quindi della veduta, appare il più congeniale per leggere in maniera trasversale l’intero percorso di Micciché, che pure si è cimentato in passato con allestimenti ambientali aperti a più sollecitazioni emotive e sensoriali.
A documentare questa fase della produzione dell’artista è il monumentale polittico Ad continuum infinitum del 1994, concepito come una magniloquente partitura musicale ed eccezionalmente accompagnato in mostra da una composizione di Domenico Sciajno. L’andamento orizzontale dell’opera si costruisce su una linea spezzata, quasi si trattasse di un fregio ridotto ormai in brandelli, che tuttavia riesce a trovare continuità nella distonia, nuove possibilità d’accordo nel caos, la coerenza formale del proprio discorso nel groviglio frazionante della contraddizione e della coincidenza degli opposti.
Di questa prerogativa della pittura che nasce, cresce e muore dentro se stessa, che continuamente si cela e si rivela nelle metamorfosi della materia, rimane prova in tutta la produzione “informale” di metà degli anni Novanta, in cui l’utilizzo di resine industriali, su supporti poveri, diviene strumentale ad un azzeramento dello spazio visivo adesso destinato alla dimensione del tutto personale del frammento come memoria espressa di una geografia interiore: scrittura di segni dagli accenti forti intesa ad introiettare quel senso dello scarto e della non appartenenza che fanno ancora oggi di Miccichè un personaggio preziosamente sottratto alle mode del momento.
È per questo che non ci si aspetterebbe (o forse si) da un artista che ha fin qui alternato un’astrazione polimaterica ad un interesse preminente per la dimensione ambientale delle proprie proposte, un duro ritorno alla figurazione, che sul crinale persino insidioso del virtuosismo finisce in realtà per inchiodare ad una lettura abbacinata l’impressione ancora una volta della disfatta e del ripiegamento intimista. Se infatti i cristallini ritratti a penna biro della costa di Palermo sono condotti con un nitore grafico e una pulizia formale raggelanti, è per rivelare poi in pittura il destino tragico di deflagrazione, fisica e memoriale, cui sembrano essere sinistramente destinati.
davide lacagnina
mostra visitata il 19 gennaio 2007
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Uno, dieci, centomila; le solite cose viste e riviste.
Miccichè che imita Taravella che imita decine di artisti che dipingono alla stessa maniera.Il nord ne è pieno; e il sud pensa di essere all'avanguardia. Antonio, se vuoi, alla prossima ti faccio tutti i nomi che vuoi .
Fantasia, fantasia e creatività ci vuole per essere artisti, tu puoi fare solo il Prof ; non servono neanche le varie amiche curatrici di ciui ti circondi. Ancora hai tanta strada da fare, il cammino è tortuoso ma io credo che sicuramente non ce la farai. Al nord sarai sempre Nessuno. Ciao
Caro Angelo io sono informatissimo e non sono solo io a pensarla così. Aggiungo per correttezza che anche al nord i casi di falsi artisti non mancano.
Sottolineo ancora che è gia da un pò di tempo che in Sicilia si tenta di esaltare la figura di questo "prof"che è anche di una presunzione mostruosa.
Io parlo solo quando so e di cose ne avrei tante da dirti su questo caso non unico a Palermo. Informati, informati !!!
Bravo mariotto
il sud ha bisogno di persone coraggiose come te, talmente coraggiose che si firmano con uno pseudonimo
Caro Mariotto, io non sto difendendo il presunto artista di cui parla l'articolo, anzi, non lo considero neanche un'artista perché é palesemente fuori dal mondo, anche qui in Sicilia, quindi figurati. Non capisco peró perché attacchi tutta quella gente che si occupa di arte a Palermo, tra questi esistono anche persone serie che fanno enormi sacrifici per costruire qualcosa, vuoi per la situazione geografica e storica, che per quella sociale che ti puoi bene immaginare. Se poi vuoi parlare del mercato dell'arte, dell'effetivo valore di un artista e della sua opera, delle operazioni di mercato, di come si costruisce l'immagine di un artista... allora possiamo discutere anni su questo, ma non mi sembra il caso.
Quale sarà la prossima tappa il MOMA o il coma.
Grazie beppe di aver detto tu quello che penso anch'io. Miccichè ma chi è: presuntuoso, invidioso e professorino. Baciamo le mani !
Micciché è un'artista inesistente, pieno di spocchia e di supponenza. Soldi pubblici sprecati: queste mostre possono avere luogo nella terra dei mammasantissima... che tristezza!!
Ma in qualche appartamento accanto al divanetto di pelle possono fare arredamento non dico di no...
Antonio un abbbbbraccio !
compare, arriva la primavera non dimenticarti che una foce con ponte di ferro ci aspetta.
E quest'anno ci compriamo pure il canotto
Come al solito a Palermo non si fa altro che parlare male di tutto e di tutti senza senza informarsi adeguatamente sul vissuto degli artisti.
Antonio , ci siamo visti velocemente solo una volta,
ho visto i tuoi tuoi lavori e li condivivo."Guarda avanti e non ti girare!"