Continuano i lavori di restauro nella Cappella Palatina di Palermo, generosamente finanziati dall’industriale tedesco Reinhold Würth. E continua il programma di grandi mostre con opere in prestito dalla sua collezione. Dopo i Capolavori dell’impressionismo e dell’espressionismo, è la volta di una mostra che premia soprattutto l’arte tedesca del Novecento (da Spitzweg a Baselitz, come recita il sottotitolo), accanto al lavoro di alcuni grandi maestri del XX secolo: Picasso, Lèger, Mirò, Fontana e Hockney (solo per fare alcuni nomi).
L’impianto della mostra riflette necessariamente il carattere frammentario e “cumulativo” di una collezione privata di recente costituzione. Pertanto le tre sezioni in cui sono raccolte le opere –natura e paesaggio, autoritratti e tendenze dell’astrazione– si adattano solo a forza alla compendiarità di un discorso che se per alcuni aspetti può apparire approssimato e lacunoso, per altri non manca di regalare inaspettate sorprese. Messa da parte dunque ogni pretesa di coerenza espositiva –gli accostamenti Fontana-Albers-Vasarely possono risultare tanto stimolanti quanto pretestuosi– resta solo da affidarsi al piacere della visione, provando in autonomia a intrecciare il proprio filo rosso lungo l’allestimento senza sbavature della Sala del Duca di Montalto.
Il romanticismo sturm und drang di Spitzweg –molto incisivo il suo piccolo Caccia all’avvoltoio, già presago di umori simbolisti e prossimo semmai all’astrazione lirica e sempre più visionaria di Nolde (Riflessi di nuvole nella palude, 1935)– si ritrova così a convivere con il formalismo costruttivista dei due maestri Bauhaus Schlemmer (Paesaggio verde con casa bianca, 1910) e Feininger (Chiesa di paese in giallo III, 1937). Accanto a loro un solitario Alberto Magnelli del ’28 ancora figurativo e molto vicino al Carrà di Vele nel porto (1923), di cui anzi il dipinto in mostra (Le voilier à la jette) sembra quasi una ripresa letterale.
Il salto verso il basso (rispetto alla qualità e all’interesse della proposta) è quasi da capogiro se si guarda ai quadri di contorno (Brandl, Tadeusz, Uecker) di maestri tedeschi contemporanei scelti a chiusura della sezione, in cui pure sono da segnalare ancora un bel Max Ernst, un crepuscolare Derain e una monumentale recente Nuova montagna di Jim Dine (1993-94).
Allo stesso modo, nella sezione successiva, due piccoli classici di Picasso, un quadro di Mirò ed uno (assai tardo) di Masson lasciano posto alla figurazione dolente e accidentata di Appel, Basquiat, Baselitz, Immendorf, Hödicke, Rainer e Fetting, sempre convincente nei suoi esiti pittorici rapidi e slabbrati (Van Gogh lungo il muro II, 1982). Al contrario, decisamente più composta e ordinata appare la sezione dedicata all’astrazione, che propone alcuni piccoli capolavori che farebbero la gioia di ogni collezionista: due Quadrati di Albers, due Concetti spaziali di Fontana, una bella sequenza di sculture di Hans Arp e due oli di Vasarely. Anche qui il confronto spesso non regge con figure di secondo piano dell’astrazione europea (fatta anche di molti “ritorni su” e “riprese da”) e tuttavia la qualità delle opere citate fa presto dimenticare ogni caduta di livello, come occasione comunque proficua di riflessione su una situazione artistica ancora oggi ingiustamente poco nota e apprezzata.
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davide lacagnina
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ma non ci sono ne Kiefer ne Richter???
Che collezione tedesca sarebbe questa???
davvero una bella mostra!
piena di capolavori tedeschi
molto bello il matthaus, il klinsmann ed il rudy voeller
la prossima mostra della collezione wurth sarà una personale di luciano moggi
la classe morta di Kantor è sempre stupefacente, spero per il prossimo anno che portino gli illustri signori dell' espressionismo tedesco
... chris
la collezione wurstell!