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Nel panorama artistico italiano il caso dei Prisenti è una rarità che non trova riscontro in altri luoghi dello Stivale. Insieme alla collezione della Fondazione Orestiadi e al Grande Cretto di Alberto Burri, i Prisenti contribuiscono a rendere Gibellina un centro rilevante di arte contemporanea. Radicati nella tradizione popolare, l’origine risale al XVI secolo, in cui drappi di velluto ricamati erano utilizzati per la processione devozionale del Santo Patrono. Dopo l’abbandono, grazie a Ludovico Corrao – sindaco del comune di Gibellina per 25 anni, a cui si deve il nome del Museo civico locale – si rivaluta l’antica pratica religiosa in chiave artistica. Ecco che a partire dal 1981, fino ai primi anni ’90, ogni anno un artista di fama conclamata è invitato a realizzare un drappo unico e irripetibile, che documenti l’entusiasmo di una popolazione che dopo le macerie del terremoto ha avuto il coraggio di ripartire.
Alighiero Boetti, Pietro Consagra, Carla Accardi, Renato Boero, Isabella Ducrot, Nja Mahdaoui e Michele Canzoneri, sono alcuni tra i nomi presenti all’esposizione palermitana del Real Albergo dei Poveri. Dopo il successo alla Biennale d’arte di Venezia del 1993, la collezione viene riproposta a Palermo, in una cornice suggestiva che evoca una storia fatta di incontri e sinergie culturali.
Tra i più caratteristici dell’esposizione troviamo il Prisente di Pietro Corrao del 1984, in cui applicazioni di tessuti colorati e paillettes su velluto – 110 cm x 640 cm – rimandano a uno stile che richiama una libertà espressiva tipica del Siciliano, amico tra gli altri di Renato Guttuso, con il quale divide per un periodo lo studio artistico a Roma.
Michele Canzoneri realizza quello dell’anno precedente, il 1983: un ricamo su velluto di notevoli dimensioni – 150 x 620 cm. Di lui ricordiamo le sperimentazioni in ambito artistico, frutto del suo amore per la cultura orientale, la quale gli apre la percezione tra ciò che è visibile dall’occhio umano e ciò che non invece non lo è.
La stessa fascinazione di culture variegate è tratto distintivo di Alighiero Boetti, il quale da autodidatta scopre prima l’arte astratta e poi l’arte povera – di cui diventa esponente di spicco. Il suo Prisente del 1985 è un raso – 225 cm x 1080 cm – in cui a primeggiare è il colore, a testimonianza di una mutazione che nell’ultima parte della sua vita lo porta a scoprire il senso ludico del quotidiano.
Di Renato Boero è il Prisente del 1992, un ricamo su tessuti colorati – 200 cm x 585 cm – che simboleggia la personale scoperta della relazione tra natura, colore e segno. Il suo “ritornare alle origini” attraverso la natura lo appassiona talmente tanto da essere alla continua ricerca di sostanze naturali da utilizzare per le sue creazioni.
La tecnica mista su tessuti colorati utilizzata dalla napoletana Isabella Ducrot, per il Prisente del 1991 – 440 cm x 300 cm – è emblematica del senso della mostra del Real Albergo dei Poveri: un caleidoscopio di influenze culturali che trovano in Sicilia il terminale ultimo di un rispetto per usi e costumi molteplici. La sua concezione di arte è una sorta di collage emozionale, frutto dei tanti viaggi in giro per il mondo.
Tra i tanti Prisenti in mostra, degno di menzione è il Carro di San Rocco, del 1983: un’opera di Pietro Consagra realizzata con legno, ferro e tela. Di proprietà del museo civico di Gibellina, a seguito del restauro di Sabrina Sottile e Irene Genova, è ritornata al suo originario candore, fatto di storia e innovazione.
Dario Cataldo
mostra visitata il 2 dicembre
Dal 2 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017
I Prisenti di Gibellina
Real Albergo dei Poveri
Corso Calatafimi, 90129 Palermo
Orari: da martedì a domenica dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 18:00
Info: www.fondazioneorestiadi.it