Alcuni luoghi istituzionali stupiscono per la loro accoglienza, alcuni palazzi storici ricevono linfa dal contatto con il contemporaneo. E’ successo alla sede del municipio catanese, che per la prima volta ha spalancato la sua monumentale corte – che si affaccia sulla rinnovata Piazza Duomo, finalmente isola pedonale – per far posto alle installazioni di tre artiste. Un’ambiziosa celebrazione dell’8 marzo che è durata, purtroppo, appena tre giorni.
I passanti, che curiosi si avventurano a sbirciare nel “palazzo del potere”, sono ipnotizzati dal video di Loredana Longo (Catania, 1967), La casa delle bambole del 2001, che fa da sfondo all’omonima installazione: sei abiti da sposa ricamati con spine di rosa ruotano in un incessante girotondo, mentre sulla parete scorrono le immagini di un matrimonio rituale. Una donna prepara le vesti delle sei spose che dopo avere ricevuto la rosa, diventano inanimate spettatrici del pasto rituale, che è una de-florazione. Riecheggiano nel cortometraggio i miti femminili mediterranei, figure combattute fra la casta attesa, l’adulta partecipazione e la consapevole perdizione.
Al tema della trasformazione e del ri-correre del tempo ciclico si connette anche il lavoro di Giuliana Lo Porto (Caltagirone, 1970), Nero raccolto III del 1999. Piccole sculture che ripropongono le forme innocue della ceramica tradizionale, ma svelano una materia insolita: sono fatte di un impasto a base di zucchero, che si
Ma l’opera più inquietante è quella di Annalisa Furnari (Vimercate, 1969), Gioco-gioco del 2002: l’istallazione è costituita da altalene con la seduta resa impraticabile da chiodi e filo spinato. L’accostamento viola il tabù dell’infanzia come condizione protetta e serena, investendo in pieno lo spettatore con lo svelare il rapporto ambivalente che non solo soggettivamente, ma ancora più collettivamente, questo nostro tempo ha con i bambini.
Una mostra al passo con i tempi sia per la forza delle opere, sia per il dialogo che esse intessono con l’architettura – un dialogo da pari a pari, sfuggendo alle lusinghe dell’antico, alle quali troppo spesso sottostà l’arte contemporanea accolta nei luoghi storici. Dispiace che duri solo il tempo di un mattino, ma speriamo che questo sia l’inizio del rinato interesse dell’amministrazione per il contemporaneo, “che con il moderno è così presente nel capoluogo etneo, forse più che in qualsiasi altra città siciliana”– sostengono i promotori.
francesca gallo
mostra visitata l’8 marzo 2003
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Altalene e filo spinato? Silvia Levenson al 100%, concetti e materiali, (cfr http://www.exibart.com/notizia.asp?IDCAtegoria=59&IDNotizia=2224). Un po' troppo. Non ho visto la mostra ma credo che il dubbio, dalla foto, è legittimo. Qualcuno mi può smentire?
...ma da quando in qua le galleriste curano le mostre? Forse sarebbe stato meglio non saperlo...
a modo d'informazione forse sarebbe buono sapere chi ha curato l'operazione, oltre al gai di catania, la curatrice del evento è stata rosanna musumeci di arteContemporanea di Catania. A ognuno il suo al GAI la Produzione alla Musumeci la Cura. mi sembra giusto. Le tre artiste bravissime. le opere altrettanto. Complimenti a tutti: alle artiste e alle loro opere, al gai di catania , a rosanna musumeci, alle amministrazioni locali che si sono aperte all'arte contemporanea -rimarrà un episodio isolato??? speriamo proprio di no .
ti risulta che massimo de carlo, uno dei più grandi galleristi italiani, chiami qualcuno a curare le sue mostre?? Va ad informarti che è meglio...