Il 29 aprile, giorno di Santa Caterina, si è svolta l’inaugurazione dell’ultima delle puntate della rassegna ‘Atlantide’.
Nata nel 1998, qualche mese prima della nascita del Palazzo delle Papesse che tradizionalmente la ospita, la kermesse mira a trovare punti di tangenza tra l’arte contemporanea e la città antica, storica, sotterranea.
Quattro installazioni, due artiste e due curatrici, una riflessione sul concetto di donna.
Nella sala del piano terra Letizia Cariello, ripensa interamente lo spazio collocandvi nel mezzo una vera unità abitativa in muratura. L’istinto è quello di entrare, ci si accorge che si tratta di un bagno, non semplicemente realistico ma reale: si può aprire il rubinetto, tirare lo scarico. Le pareti sono celesti fino a metà, tutto il resto è di un bianco candido. All’interno del bagno fotografie ritraggono immagini di una vita possibile, intima. Cosa c’è di più intimo, in realtà, di un bagno domestico o di un letto come quello posto dalla Cariello nella parte soprastante del cubo, accessibile da una scaletta? Il titolo del lavoro è “Io, Caterina” (a cura di Caroline Corbetta) omaggio alla città ed alla sua Santa che iniziava con questo doppio (nome/pronome) tutti i suoi discorsi; si tratta di una cella, di un rifugio, di uno stato fisico e mentale di isolamento.
Universo femminile e intimità percorrono il lavoro di Petra Peter, a cura di Agnes Kohlmeyer, già visto a Napoli qualche mese fa. Nel cortile delle Papesse dei contenitori colmi d’acqua, sospesi in alto, creano una ritmica pioggerellina artificiale che scandisce il tempo e rimodella lo spazio riempiendo di fine umidità i pavimenti. Nella grotta del palazzo una serie di fiori bianchi a lungo stelo sono in realta candidissimi calchi che l’artista ha ricavato dal suo corpo grazie alla ceramica fusa. E’ facile scorgere un seno, un mento, un gomito nella suggestiva installazione che in termini di rapporto con il corpo fa da eco al terzo lavoro della Peter. Nella ventosa altana delle Papesse l’artista ha collocato un’infinità di classici ‘panni stesi’ che fanno pensare al profumo di bucato, ai campi assolati. L’improbabile tessuto della biancheria (il nylon) dimostra come basti un significante stereotipato e istituzionalizzato per riportare alla mente percezioni, deduzioni e sensazioni di deja vu.
Atlantide non si ferma qui: nei primi giorni di Giugno, quando a Siena si svolgerà una sorta di controbiennale, sarà la volta di uno speciale progetto nel quale artisti tra i migliori in Italia si confronteranno con la realizzazione di installazioni ambientali in un bosco.
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