Ma nel patrimonio collettivo di sacralità dell’umanità il santo acquista anche valenze diverse: religiose, ecclesiastiche, istituzionali, ma anche sociali (come elemento coesivo e identificativo di gruppi e di comunità), di esempio, di prestigio e di potere. La santità senese è tutto questo, coacervo di figure storicamente determinate e identificabili, di personaggi spesso fittizi o mitici, che comunque con la città hanno a che fare in maniera intrinseca e sostanziale. Basti pensare in questo senso al Beato Sorore mitico fondatore del Santa Maria della Scala.
Per questo in una storia densa come quella senese, i santi non possono che essere numerosi. E’ sufficiente leggere lo straordinario Diario di Girolamo Gigli, per rendersi conto della quantità di culti, reliquie, processioni che impegnavano la città in cerimonie quasi quotidiane.
Il «paradiso senese» si presenta quindi affollatissimo, la produzione agiografica imponente, la conseguente elaborazione iconografica densa di testimonianze.
Uscire per una volta dal percorso, prestigioso ma già conosciuto, della rappresentazione pittorica della santità senese rappresenta l’occasione per addentrarsi per una volta, attraverso il ricco patrimonio della Biblioteca Comunale degli Intronati, nel campo poco noto al grande pubblico delle incisioni – nei volumi e nelle stampe sciolte – testimoni, dalla fine del Quattrocento, di devozione e di culto per una serie consistente di figure senesi e del suo antico territorio, ‘santificate’ a vario titolo, spesso mai riconosciute dalla Chiesa, ma vive nella letteratura colta e nel riconoscimento popolare. Nell’anno del Grande Giubileo del terzo millennio questa esposizione, organizzata dalla Biblioteca in collaborazione con il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università degli Studi di Siena e con l’Istituto Storico Diocesano, vuole proporsi come un ‘pellegrinaggio’ fra le icone a stampa della devozione e del culto senese, riscoprendo figure ‘sante’ spesso dimenticate e comunque sconosciute a livello di immagine. Dai ‘protettori’ della città (Ansano, Savino, Crescenzio e Vittore), l’excursus iconografico passa così ad illustrare le immagini dei molti senesi fondatori di istituti caritativi e Ordini religiosi, quelle dei santi e beati eremiti, degli appartenenti agli Ordini stabilizzati nella città e nel territorio: i domenicani, i francescani, gli agostiniani, i certosini, i serviti, fino a giungere alla santità moderna, quella successiva alla caduta della Repubblica, quando la rivendicazione del prestigio e dell’indipendenza di Siena si tradusse anche nell’appropriazione da parte delle famiglie nobili del patrimonio ‘santo’ cittadino.
Quando insomma i Tolomei ritrovarono una dozzina di beati nel proprio albero genealogico e Caterina divenne Caterina Borghesi.
Ma la mostra non si ferma qui: le immagini di realtà come l’eremitaggio o le certose, i conventi e figure a torto considerate minori, spesso suore, «sante vive», dalle pratiche penitenziali inimmaginabili, emergono ad esempio accanto ad un Brandano, che santo certo non fu, ma le cui reliquie vennero disputate a furor di popolo, fino a giungere alla santità contemporanea di questi ultimi due secoli: ad Anna Maria Taigi, a Savina Petrilli, a Bianca Piccolomini Clementini. Testimoni della continuità di un aurea di ‘sacro’ che, a dispetto delle apparenze, avvolge ancora questa città dal «paradiso» già affollato.
(comunicato stampa)
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