fino al 6.I.2002 Arte all’Arte – Marisa Merz/Lothar Baumgarten Colle val d’Elsa (si) e Montalcino (si)

Nella parte alta e più antica della cittadina, non lontano dalla porta di accesso all’abitato, v’è una piccola cisterna; un’edificio circolare di circa 5 m di diametro che, se non fosse per la sua limitata altezza, farebbe pensare ad una torretta di avvistamento (di quelle circolare in stile angioino, diffuse nel Sud Italia).
La piccolissima porta di accesso di questa cisterna (i nostri antenati dei “secoli buii ”, si sa, erano molto più bassi di noi!) è stata rivestita, secondo il desiderio di Marisa Merz, da una lastra di rame grezzo. Confesso d’aver pensato, a prima vista, che non avrei potuto immaginare una porta più adeguata a quell’edificio, ma confesso anche d’aver fatto fatica ad accettare che fosse “soltanto quello” l’intervento di una grande artista internazionale. L’architettura della cisterna risultava assolutamente prevalente. Ciò non deve essere necessariamente una cosa negativa, anzi, un intervento artistico che si integri al tessuto architettonico ed urbanistico di una città potrebbe essere considerato assolutamente riuscito. Eppure viviamo in una fase storica in cui il pensiero diffuso difficilmente accetta la fenomenologia delle opere d’arte contemporanea e l’idea che “l’opera” d’un’artista di fama mondiale sia affine al lavoro di un fabbro locale di terza generazione, credo che sfiori la mente di chiunque osservi quella porta di rame. Nemmeno, guardandola, mi vien fatto di riflettere “all’ideale tema della soglia ” così come suggeriscono i due curatori.
Quella di Marisa Merz è in realtà l’apice di una serie di installazioni d’un’edizione di Arte all’Arte piuttosto sottotono, rispetto a quelle passate. Credo che il lavoro migliore che si sia visto in questa edizione sia stato quello di Jannis Kounellis a Montalcino, reso quest’anno permanente, ma che in verità appartiene agli interventi di Arte all’Arte n. 6.
Anche l’installazione forse più suggestiva, la grande scala di Cildo Meileres all’Orto dei Pecci di Siena, nonostante sia un lavoro impressionante nelle sue dimensioni, per iconografia e per contenuti fa troppo riferimento (non si sa se voluto o no) ad un’opera di Joseph Beuys degli anni ’80.
Un solo intervento tra quelli di quest’anno riesce veramente ad emozionare: è la dia-proiezione di Lothar Baumgarten nella Chiesa di San Francesco sempre a Montalcino. Immagini di botteghe e di prodotti tipici toscani, proiettate in bianco e nero in ogni angolo e parete della chiesa fanno da strano contraltare alle immagini sacre storiche dell’edificio. Vengono alla mente i cittadini che in passato (in periodo medioevale, ma anche dopo), in qualità di mercanti e delle loro corporazioni, erano i veri committenti delle chiese. Alla loro preghiera erano principalmente destinate le immagini sacre all’interno di quegli edifici: fa veramente uno strano effetto vedere qui associati i prodotti dei mercanti e le immagini sacre da loro richieste!
Anche questo intervento, però, sembra contraddire il principio di Arte all’Arte secondo il quale le opere create per ogni edizione sono sì temporanee, ma concepite per poter rimanere permanenti: esattamente ciò che non può offrire una dia-proiezione. L’altro lavoro di Baumgarten nell’adiacente chiostro (gruppi di cerchi di diverse dimensioni in colori pastello e a specchio, posti su ciascuna delle quattro pareti), invece, per quanto non contraddica questo principio, sembrava assolutamente inadeguato per lo spazio che lo contiene e sinceramente poco ficcante.

marco izzolino