Dopo le due personali di Panamarenko e Kabakov, i vasti spazi della Galleria Continua ospitano un’esposizione collettiva. Curata dal francese Nicolas Bourriaud, la mostra ha come tema e filo conduttore la cosiddetta “postproduzione”, termine tecnico usato per definire gli interventi che si realizzano in studio su materiale girato o registrato: montaggio, effetti speciali, colonna sonora.
Il concetto di “campionamento” è divenuto centrale nella cultura contemporanea da almeno due decenni, e si è imposto come una pratica diffusa e di alto valore creativo in ogni campo della cultura. Basti pensare alla comparsa del “sampling” e del remix nella musica; al citazionismo, al riciclo e al neo-ready made nelle arti visuali.
L’artista, che vive ed opera in un mondo saturo di immagini e informazioni “già pronte”, non lavora più sulla materia prima o “grezza”, ma utilizza materiali di varia provenienza, selezionandoli e ri-assemblandoli in forme inedite, detournandone il contenuto e i possibili significati.
Esemplare in questo senso l’opera di Candice Breitz, presente in mostra con due lavori estratti dalla serie “Four Duets ” (1985-2000). L’artista sudafricana utilizza brevissimi stralci di videoclip in loop su due monitor affrontati, generando così nello spettatore, che si trova in mezzo, un senso di disturbo e di continua interferenza. La scelta dei brani, smielate canzoni d’amore cantate da Annie Lennox e Olivia Newton-John, testimonia inoltre la volontà di calarsi nella cultura pop, che rimane un segno distintivo della Breitz.
Nella prima sala troviamo affiancati i lightboxes minimali del tedesco Daniel Pflumm e le fotografie “amateur” della coreana Hsia Fei Chang, che presenta un soggetto di eros “casalingo” in uno stile dimesso e casuale.
Unico italiano in mostra il bolognese Italo Zuffi, che espone un’opera singolarmente non in linea con la sua produzione più nota (quella delle architetture-giocattolo, per intenderci) dal titolo “Rassegna Stampa ”. Si tratta di una serie di fotografie che lo mostrano impegnato in una performance (sempre che non si tratti di immagini “riciclate” di una vecchia azione) accompagnate da commenti apparsi sulla stampa.
Nella grande ex-sala proiezioni trovano posto le opere più grandi, come l’imponente statua raffigurante un novello “omino Michelin” di Peinado, che prosegue così la sua personale rielaborazione di icone contemporanee prese in prestito dalla pubblicità. In mostra anche opere di Katja Davar, Subodh Gupta, Sora Kim e Fatimah Tuggar .
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