Berlinde De Bruyckereaccoglie il visitatore della galleria con un’immagine inquietante: una figura di donna, realizzata in cera, se ne sta ranicchiata su un piedistallo di legno, con la faccia contro le ginocchia e i lunghissimi capelli –fatti con crine di cavallo- che scendono fino a terra. Il tono livido della pelle, la posa contratta e la lunga capigliatura animale donano a quest’opera un aspetto grandguignolesco, da ricostruzione orrorifica del museo delle cere, atmosfera che ritorna anche nelle sale adiacenti.
Le coperte sono un elemento ricorrente dell’immaginario della De Bruyckere, e sin dai primi anni Novanta popolano le sue sculture e le sue installazioni. Esse rivestono per l’artista un significato dualistico: “Le coperte sono il simbolo della sicurezza. Hanno un’anima, solitamente con una connotazione positiva, ma io le uso anche come oggetti negativi…puoi dare così tanto amore e sicurezza a qualcuno fino a soffocarlo, impedendogli perfino di trovare se stesso”.
E questa doppia valenza si può riscontrare anche nelle installazioni, dove piccoli letti in ferro battuto vengono ricoperti di innumerevoli strati di coperte – in alcuni punti anche scavate come materiale scultoreo- fino a renderli inservibili, carichi, soffocati.
Nella ex-platea del vecchio cinema si trova però l’installazione più grande e suggestiva, che conclude il percorso espositivo: due enormi cavalli –realizzati a fusione e poi ricoperti con la pelle stessa degli animali- stanno aggrappati a grandi strutture in ferro, in posture innaturali e drammatiche, sprigionando ancora una volta un
Di tutt’altro segno la mostra intitolata “Carezze”, allestita da Sabrina Mezzaqui nello spazio sotto l’Arco dei Becci. L’artista bolognese, presente anche alla Galleria Minini di Brescia con la personale “ Il pomeriggio è troppo azzurro”, presenta in questa occasione due opere video. Una grande proiezione sul muro di fondo ci racconta una tranquilla e silenziosa giornata di primavera a Place Saint-Sulpice attraverso un’inquadratura fissa sul panorama che circonda la casa dell’artista. La ripresa, che dura quasi venti minuti, sembra voler catturare, con la sua inesorabile lentezza e fissità, l’impercettibile scorrere del tempo, sottolineato solo dal movimento delle nuvole, che coprono e scoprono le verdi colline. Tre schermi disposti a terra isolano gli elementi essenziali della visione: il cielo azzurro, solcato dalle nuvole, e frammenti di prato. Il secondo video, che è invece brevissimo (13’), mostra la forzata fioritura di un papavero, aperto e stropicciato da due mani inquiete.
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