I parametri di confronto sono molteplici e variegati: si passa dallâintrattenimento televisivo alla spesa annua pro capite per andare a teatro, dagli ingressi alle mostre fino agli euro spesi per turismo, alla frequentazione delle biblioteche. Una ricerca recentemente pubblicata dallâistituto Eurobarometro traccia, per 27 stati europei, la linea della fruizione della cultura, mettendo nero su bianco un impoverimento senza precedenti a confronto dei dati della stessa indagine del 2007. E non câè solo lâItalia agli ultimi posti, ma anche Paesi che hanno subito particolarmente forte la crisi globale che si è alzata a partire dal 2008, come Grecia, Portogallo e Ungheria. La spunta il cinema, che nella maggior parte dei casi non è visto dal pubblico come âculturaâ quanto âintrattenimentoâ. I poco confortanti dati parlano di unâutenza della cultura dallâinteresse âaltoâ pari allâ8 per cento nel Belpaese.
Ma câè un altro dato piuttosto sconfortante che arriva dalla ricerca, sul capitolo dellâ âIndice di pratica culturaleâ: il 49 per cento (+ 9 per cento dal 2007) degli italiani non ha la benchĂŠ minima dimestichezza con libri, musei, concerti, mentre la media europea si pone intorno al 34 per cento. E anche il consumo di programmi culturali in Tv e Radio cala di 14 punti percentuale. Dâaltronde ci si chiede come poter fruire di programmi televisivi culturali se, a parte sky e pochi altri canali del digitale terrestre che offrono unâofferta in tal senso, nella stragrande maggioranza le emittenti si occupano di cucina, in tutte le salse, dal mattino alla sera. Il web? Il 27 per cento degli abitanti tricolore afferma di non usarlo mai, e il 20 per cento di accedere alla rete solo tre volte al mese.
Si rabbrividisce, specialmente perchĂŠ da âaddetti ai lavoriâ certe cifre alla lente dâingrandimento sembrano impossibili.
Con un campione di 26 milioni di persone, circa 1 milione per ogni Paese coinvolto, câè anche la percentuale dei libri letti: il 56 per cento degli italiani dichiara di aver letto almeno un testo nellâultimo anno, mentre in Francia si sale al 73 per cento, e in Svezia al 90.
Ma qual è il vero problema che svela la ricerca? LâincapacitĂ dei governi, e forse anche delle holding che di cultura dovrebbero occuparsi, di generare curiositĂ e interesse nel pubblico.
ÂŤQuesta ricerca mostra che i governi devono ripensare al modo in cui sostengono la cultura, al fine di stimolare la partecipazione pubblica e il potenziale che la cultura possiede in quanto motore per il lavoro e la crescita. Inoltre i settori culturali e creativi sentono il bisogno di essere riadattati per coinvolgere una nuova audience e per esplorare nuovi modelli fondantiÂť ha commentato il Commissario Europeo per lâEducazione e la Cultura, Androulla Vassiliou.
Insomma è il caso che anche chi fa cultura cerchi di riflettere con sĂŠ stesso, e di mettersi una mano sulla coscienza: inutile continuare a dare la colpa al disinteresse, alla disaffezione e allâinciviltĂ , perchĂŠ se è vero che se la cultura non si promuove non si fanno âproselitiâ, ma è altresĂŹ vero che se arte, letteratura, cinema, mostre e chi piĂš ne ha piĂš ne metta restano opinioni ermetiche rivolte a ristretti gruppi di operatori, behâŚpoco câè da stupirsi del calo di utenza. Di certo mainstream la cultura non è mai stata, perchĂŠ studiare, guardare e capire non è mai facile e la pigrizia è una facoltĂ ottima come compagna, ma lâappello che sembra uscire dallâEurobarometro è di non metterci anche del nostro per allontanare ancora, ancora, e ancora, intere frange di popolazione che, invece, potrebbero passare magari da un interesse nullo o basso, a qualcosa di basso o medio. Per iniziare.
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SarĂ interessante mettere in relazione l'andamento della fruizione di cultura con l'andamento della distribuzione del reddito e della distribuzione della ricchezza. Ferma restando la pigrizia ovviamente.