La prima mostra personale a Milano di Gino Sabatini Odoardi, voluta da Martina Cavallarin per gli spazi che Whitelight Art Gallery, fondata da Giorgia Sarti e Marta Menegon, occupa nel centro “Copernico”, si svolge in una progressione di opere che inducono al silenzio e alla meditazione. Ma anche al desiderio di azionare il senso del tatto, perché le superfici lisce delle sculture e delle installazioni realizzate con la tecnica della termoformatura in polistirene attirano davvero la carezza della mano, che mentre segue gli andamenti delle forme si accorge degli esiti che questa tecnica è in grado di definire: opere che di volta in volta sembrano realizzate in ceramica, oppure ingannano l’occhio grazie a superfici lucide e setose come quelle di antichi calchi in gesso, patinati e colmi di secoli di carezze. Disegni/sculture alle pareti, un’installazione site specific nello spazio cuore della galleria (affascinante per la sua aria elegantemente dimessa, assai cool), una scultura in cinque moduli collocata in un ambiente più intimo. Si svolge così il percorso che questo artista formatosi nello studio di Fabio Mauri ha strutturato per questa esposizione. Protagonista assoluta del lavoro di Sabatini Odoardi qui è la piega, la piega di un ipotetico, ideale, tessuto, trasformato dalla termoformatura. Odoardi spiega quanto la tradizione della sua famiglia sia legata ai tessuti e alla sartoria, di quanto le stoffe, gli orditi e le trame lo abbiano da sempre incantato; di quanto gli abbiano suggerito andamenti, metafore, paradossi, molteplici declinazioni di senso. Così, Senza titolo, del 2013, un lavoro particolarmente risolto e felice, comprende cinque fogli di polistirene piegati come panni e lucidi come fossero maiolica invetriata. Ma ecco che da un lembo si intravvedono linee e tratti di grafite, la traccia di un disegno, che l’artista ha eseguito sulla superficie intera del foglio e che quindi è destinato a non vedere mai più la luce. C’è, ma non si vede. Esiste, ma nell’oscurità della materia.
La piega scivolosa e fredda diviene così piega del tempo, in un andamento melanconico e misterioso che procede tra nascondimento e rivelazione. Più oltre, 23 sedie nere e impagliate con analoghe, ma più semplici, pieghe imbrigliate nello schienale, mimano un ballo impazzito e teatrale, in bilico su di una sola gamba, quasi animate da un sabba sospeso tra passato e futuro. Ed ecco che la piega, il panneggio, protagonisti assoluti della statuaria antica e dell’antica pittura, approdano sui territori della metafora e della riflessione materico-concettuale di un artista dei nostri giorni. Dice Martina Cavallarin, direttore artistico della galleria: «Whitelight Art Gallery è una galleria di arte contemporanea intesa come piattaforma culturale ed economica rivolta alla ricerca artistica visiva internazionale. A progetti di ricerca avanzata proposta da artisti emergenti, si alternano esposizioni collettive e di autori che sono i rami prolifici e germinati della cultura contemporanea. La mostra “Decentrato” si evolve a partire da due importanti progetti che l’artista ha attuato negli ultimi anni, Tra le pieghe e Cortocircuiti. Il confronto tra queste ricerche origina due percorsi distinti e al contempo organici tra loro, includendo opere fondate sui temi del sacro e del profano e sull’analogia piega/sublimazione, che costituiscono il nucleo del lavoro». Buona visione. (Eleonora Frattarolo)