Lo storico dell’arte, divenuto famoso più per le grandi capacità manageriali che per le sue intuizioni scientifiche, aveva fatto di Treviso un grande polo culturale e di attrazione turistica grazie ad un programma di mostre nazionalpopolari, messe in piedi a suon di miliardi e sulla scorta di una rete collaudata di contatti internazionali, non disgiunta da un gran battage pubblicitario.
Né le grandi attenzioni mediatiche né i numeri da record (mostre da 600mila visitatori, giorno e notte) erano però serviti a impedire il divorzio tra Linea d’Ombra, la società di organizzazione di eventi e mostre fondata da Goldin nel ’96 e Cassamarca, la fondazione bancaria gestore di Ca’ dei Carraresi dal cui portafoglione provenivano i miliardi che alimentavano il giocattolino divenuto un modello da imitare: le manie di grandezza avevano infatti portato Goldin a trasgredire al contratto con Cassamarca che sanciva l’esclusività delle mostre impressioniste a Treviso. Qualche iniziativa fuoriporta era stata sufficiente a combinare la frittata.
Un’avventura finita? Macché. E’ di inizio novembre la notizia della sottoscrizione di un accordo quadriennale (2004-2008) tra Linea d’Ombra e BresciaMusei, la società operativa costituita poco più di 3 mesi or sono dal Comune di Brescia, Fondazione CAB, Fondazione ASM e C.C.I.A.A., finalizzata all’organizzazione dell’offerta culturale della città e promuoverne l’immagine di città d’arte.
I termini dell’accordo tra BresciaMusei e la società di Conegliano, nonché il programma stabilito, saranno pubblicamente illustrati in una conferenza stampa prevista per il 2 dicembre alle ore 11.30, presso Santa Giulia, sede del museo che ospiterà il nuovo corso di iniziative goldiniane. Insomma le premesse per una grande rentrée di Goldin ci sono tutte.
Una sola cosa vien da chiedersi: che ne sarà di BresciaMostre, l’associazione compartecipata tra Comune e Provincia nata nel ’96 per ideare, organizzare e gestire eventi culturali?
Vale la pena di ricordare che BresciaMostre non sembrava affatto essersi comportata male in questi anni, con programmi eterogenei e mostre di livello, da Morandi a Cagnaccio di San Pietro, da Boccioni a Sironi, da Carlo Scarpa a Kahn; e poi Les Italiens de Paris, Aalto, Arturo Tosi e Alvaro Siza, Wildt, l’avanguardia russa, Dubuffet, l’impressionismo italiano curato da Barilli ed Andy Warhol. Dunque era proprio indispensabile accogliere il carrozzone di Goldin? O non valeva forse la pena di investire qualche euro d’avanzo in un serio programma per l’arte contemporanea, dando lustro ad una città, tra le più ricche d’Europa, che poteva promuoversi veramente come polo d’avanguardia sul suolo nazionale? Staremo a vedere se i record veneti di Goldin saranno ripetuti in terra lombarda. (alfredo sigolo)
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