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C’è un altro progetto che, in occasione della Biennale, si aggiungerà all’offerta “fuori dai padiglioni” di Giardini e Arsenale e che arriva come una seconda consacrazione dopo il “Plessi Museum”, primo museo “autostradale” sul Brennero, aperto nel 2013.
Sì, anche stavolta parliamo di Fabrizio Plessi, che sarà in laguna con “Plessi in Venice”, a raccontare il rapporto tra tecnologia e acqua, anzi, tra “video” e liquido, elemento quest’ultimo che guida la poetica dell’artista (nato a Reggio Emilia nel 1940), fin dai suoi esordi alla fine degli anni ’60.
«Penso che il video formi con l’acqua un binomio perfetto: l’acqua è un elemento cangiante, antico, ancestrale primordiale, il video è un elemento della contemporaneità: entrambi sono fluidi, instabili. Entrambi emanano un bagliore azzurro», ha affermato l’artista che sarà in scena alla Galleria Giorgio Franchetti a Cà d’Oro, sede dell’omonima splendida collezione, e anche alla Fondazione Alberto Peruzzo, che troverà spazio alla Tesa 94 all’Arsenale, in questo caso con un’unica grande installazione intitolata Plessi liquid light, che per la prima volta da quarant’anni a questa parte non reca traccia alcuna di monitor o schermi al plasma, ma solo una tenue e misteriosa luce azzurra, che fuoriesce dalle chiglie di quattordici barche rovesciate, le llaüt, imbarcazioni tradizionali delle isole Baleari per la pesca a strascico e il sottofondo sonoro delle onde del mare (foto in home page). Che ci sia anche un altro italiano a rappresentare il Paese, appena fuori dal giro del Padiglione Italia?