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Il suo principale compagno di strada è stato Remo Bodei, ma d’altronde Roberto Ciaccio era una sorta di filosofo prestato all’arte, o viceversa. Studi classici e laurea in scienze politiche, Ciaccio era nato a Roma nel 1951.
Il mondo dell’arte perde un personaggio poliedrico, un astrattista-concettuale che aveva dato grande prova del suo talento a Genova, con Lucematrice, presentato nel 2013 e Annotazioni di luce in otto momenti per Holzwege di Martin Heidegger, realizzato 10 anni prima grazie al sodalizio con lo stampatore- editore Giorgio Upiglio di Milano, opera entrata a far parte della collezione del Dipartimento libri e stampe del MoMA di New York.
Con Upiglio Ciaccio aveva anche realizzato anche una serie di grandi monoprints e lastre, pensate nella reciprocità del loro essere opera e specchio.
Un lavoro che voleva anche mettere in crisi le posizioni di Walter Benjamin, rispetto a quell’irriproducibilità tecnica, ridefinendo il concetto stesso di originale.
Collaboratore con la rivista “Informazione Filosofica” dell’Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli, Ciaccio aveva esposto anche alla Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale di Milano, nel 2011, con la mostra “Inter/vallum”, a cura di Bodei, Arturo Schwarz e Kurt Forster.