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Era nato a Osaka, nel 1928, ma era universalmente riconosciuto, da Reggio Emilia – a Palazzo Magnani era stato in mostra nel 2011, con una delle performance della serie Bottle Crash – al MOCA di Los Angeles, dove fino allo scorso 14 gennaio è stata in scena la mostra “Destroy the picture: Painting the void 1949-1962”. Stiamo parlando di Shozo Shimamoto, scomparso lo scorso 25 gennaio, ma di cui la notizia è stata diffusa solo oggi e membro del gruppo Gutai, fondato nel 1954 in coppia con Jiro Yoshihara, in Giappone. Pioniere della Mail Art, con una capacità senza precedenti nel passare di stile e medium, approcciando non solo la pittura ma anche performance, fotografia e la Body Art. Il manifesto del movimento, firmato nel 1956 dal collega Yoshihara, fu d’ispirazione per le correnti future, per gli happening e Fluxus che si stava no affacciando alla scena internazionale, per cui Gutai funse da apripista per le azioni di Allan Kaprow e Nam June Paik. Un successo che non conobbe fine, e basta ricordare la sala dell’ex Padiglione Italia ai Giardini della Biennale di Venezia nel 2009, quando un’intero spazio fu dedicato alle poetiche e alle sperimentazioni di Gutai, fino al Guggenheim di New York, che aprirà il prossimo 15 febbraio la mostra “Gutai: Splendid Playground”. Ma oggi che Shimamoto se ne va, Gutai perde la sua grande anima, dopo la scomparsa di Yoshihara, nell’ormai lontanissimo 1972.