Alberto Di Fabio testimonia con grande interesse il legame esistente fra arte e scienza, creando ponti di collegamento fra la terra e lo spazio, fra il materiale e l’immateriale. Le sue opere più recenti si ispirano alla ricerca condotta dal Cern di Ginevra, i cui scienziati, nel 2012, hanno osservato l’elusivo Bosone di Higgs o la “particella di Dio”. Il suo particolare linguaggio artistico ha suscitato più volte anche gli interessi degli studiosi, portando a prestigiosi riconoscimenti: il Premio Remo Ruffini, ricevuto da Di Fabio nel 2010, e la conferenza tenuta lo scorso aprile al CERN sul tema “Art meets science in the work of Alberto Di Fabio”. Dall’8 al 10 di ottobre, l’Istituto ginevrino tornerà ad accogliere l’artista, questa volta con una sua mostra dal titolo “Visioni parallele”.
Con la mostra “Visioni Parallele” presente al CERN di Ginevra, si testimonia, di nuovo, una costante della tua arte: la vicinanza alla ricerca scientifica e l’interesse per le teorie che, sin dall’antichità, cercano di dimostrare l’equilibro dell’Universo…
«La sensibilità di ognuno di noi risiede proprio in questo: nella capacità di percepire quella che io definisco una “danza cosmica”. Soprattutto nell’ultimo periodo della mia ricerca, mi sono dedicato allo studio di quella vibrazione che il Cosmo ci restituisce sotto forma di note, musica. Il movimento dei neutroni, gli atomi, il sistema neuronale: quell’energia che ci circonda e che gli artisti sono in grado di avvertire con maggiore intensità».
Nel libro La visione dei suoni di Paolo Repetto (Il Melangolo edizioni), si parla dello stretto rapporto che si rintraccia, storicamente, fra arte e musica: un dialogo evidente anche nelle tue opere.
«Certo, la tematica cosmica permette di parlare di movimento, di equilibri: una musica che traduce il battito del cuore del nostro Pianeta e che sulle tele riporto con colori brillanti, creando contrasti e scale armoniche, accostamenti che catturano lo spettatore. Così accade di fronte al movimento delle sinapsi sensoriali, del tutto quantico che io rappresento con la forza cromatica e la delicatezza del segno: ci si lascia avvolgere da emozioni cinetico-sensoriali per viaggiare in mondi paralleli. E dunque in un mondo fatto di musica e poesia».
Dopo il Premio speciale istituito dall’astrofisico Remo Ruffini che hai ricevuto nel 2010 e la recente conferenza al CERN titolata “Art meets science in the work of Alberto Di Fabio”, sei stato invitato nuovamente nel prestigioso Istituto di ricerca nucleare ginevrino. Ci racconti questa esperienza?
«Dopo la conferenza di aprile, mi hanno ospitato di nuovo per approfondire il mio interesse verso la fisica quantistica, che si traduce nella mia arte in soggetti fatti di forme geometriche su impattanti variazioni tonali. Democrito già nell’antica Grecia, tramite i sensi, percepiva l’esistenza dell’antimateria a cui oggi si guarda sempre più con interesse. Basti pensare all’ultima recente osservazione del Bosone di Higgs o “particella di Dio”, avente la funzione di conferire massa a tutta la materia esistente. Una scoperta che mi ha molto affascinato, ispirando parte dei miei lavori. Sono tanti anni che sognavo di esporre al Cern e per me è una felicità immensa».
Secondo un processo che va dal macrocosmo al microcosmo, le tue opere aspirano a dare visione dell’armonia mai raggiunta fra conoscibile e inconoscibile, fra materia e spirito. Cosa vedrà il pubblico al CERN di Ginevra?
«Trentadue opere allestite su una vetrata all’entrata del padiglione centrale del Cern. Il pubblico avrà di fronte una composizione che evoca il ricordo di un mosaico bizantino. Un gioco fatto di luci e colori che catturerà sicuramente lo spettatore, suscitando emozioni e quell’elevazione dello spirito che io ricerco costantemente».
In un’intervista del 2013, raccolta nel volume “Scene da un patrimonio” pubblicato da Galaad edizioni, Enrico Crispolti afferma che «l’arte contemporanea serve come la scienza» perché «è ricerca sulla conoscenza della realtà e sulla visione del mondo». Cosa ne pensi?
«È una verità costante. Tutte le arti ci hanno fatto sempre crescere nella storia. Questo contatto con la scienza si traduce in una ricerca antropologica visuale. Sogniamo sempre di creare nuove formule per l’umanità. Noi artisti siamo “antenne collegate al Cosmo”: possiamo sentire il soffio del vento divino».
Nella ricerca scientifica così come nella ricerca artistica, l’uomo approccia sempre con una speranza: trovare sempre qualcosa di nuovo che lo spinga a guardare oltre. Oggi, qual è la tua speranza nell’arte e nella scienza?
«Spero ci sia più comprensione da parte di tutti. Mi piacerebbe che si giungesse ad una reale democratizzazione del sistema dell’arte. Riguardo al mio particolare linguaggio espressivo e al legame con la scienza, sogno di percepire sempre dimensioni parallele. Quella visione che spinga l’uomo a distaccarsi da una dimensione puramente terrena per arrivare a quella più spirituale».
(Alessandra Angelucci)