FaceApp chi? Se non l’avete già fatto, come spesso capita per questi tormentoni, potete tranquillamente dimenticare tutto. In attesa di una spia russa alla vostra porta, da oggi avete la possibilità di ammirarvi sullo schermo del vostro smartphone proprio nello stesso modo in cui vi avrebbe visto, per esempio,
Jean-Auguste-Dominique Ingres. Un artista che ritrasse Napoleone comodamente assiso sul trono imperiale, mica una rete neurale qualunque. Stiamo parlando di
AI Portraits Ars, app sviluppata dai ricercatori del MIT-IBM Watson AI Lab, in grado di trasformare il tuo selfie in un ritratto classico degno di un museo.
Bene, sempre di algoritmi si tratta ma, in questo caso, decisamente più raffinati dal punto di vista estetico, rispetto alle rughe e ai brizzolamenti facilmente ammiccanti che hanno conquistato per qualche ora il nostro ego-social. Il programma utilizza l’IA per riprodurre ritratti umani artistici in diversi stili. I ricercatori hanno caricato decine di migliaia di dipinti, dal primo Rinascimento all’arte contemporanea, per aiutare a formare i modelli attraverso l’avanzato sistema GAN-Generative Adversarial Network.
Sarebbe la Rete Generativa Avversaria della quale abbiamo parlato anche in occasione del
clamoroso caso del Ritratto di Edmond Bellamy, la prima opera realizzata da un’intelligenza artificiale a essere battuta all’asta addirittura da Christie’s New York, mica al negozio di pc usati vicino casa.
Il sistema della rete antagonista generativa, introdotto da Ian Goodfellow nel 2014, si basa su una classe di algoritmi di intelligenza artificiale che, in un certo senso, detta le regole di una sorta di dialogo tra due sistemi, in cui l’uno impara dalle decisioni dell’altro. In questo caso, i due sistemi si scambiano informazioni a base di Vero/Falso, partendo dai dipinti inseriti nel database e messi a confronto con il vostro volto.
Ma possiamo star tranquilli. Le foto verranno inviate ai server per generare il ritratto ma non saranno utilizzate per nessun altro scopo e verranno eliminate immediatamente, si legge sul sito che, al momento, è talmente sommerso dalle richieste da essere crashato. Se dovesse tornare online, potete anche inviarci qualche vostra fotografia, vi promettiamo che non le gireremo al KGB, alla CIA o a qualche altra sigla poco rassicurante.
Unico neo, i sorrisi. AI Portrait Ars non è proprio specializzato nell’espressione della felicità tipica del selfie e c’è un motivo da storia dell’arte. Raramente i maestri del ritratto hanno dipinto persone sorridenti, perché solitamente il riso era associato ai temi della pittura di genere e di soggetti popolari: il riso abbonda sulla bocca degli stolti, dicevano gli antichi, per antonomasia fin troppo seri.
In effetti, nei ritratti d’arte antica e moderna è difficile osservare anche altre tipologie di emozioni troppo forti e violente, che erano accuratamente evitate per non distorcere in maniera grottesca i tratti somatici. E anche un tipo come Rembrandt, ai suoi tempi molto richiesto e ancora oggi famosissimo per essere riuscito ad adattare l’austera iconografia classica alle esigenze più moderne – e diciamolo, anche più frivole – della prosperante borghesia mercantile, non è che facesse atteggiare i suoi modelli con la boccuccia à la duck face, trovando comunque pose non meno incisive, determinate, scaltre o coraggiose, a seconda dei gusti del soggetto.