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Emblema della contemporaneità, ma anche oggetto che resta nell’immaginario collettivo, utilizzato dagli artisti. Cos’è? L’incipit di una storia d’amore che dura da cent’anni, tra un’azienda e il mondo dell’arte, della grafica, della musica, del cinema e, non in ultimo, della storia dei consumi, della sociologia. E che fa parte delle grandi rivoluzioni del Novecento e non solo.
Parliamo di Coca Cola, che dalla sua base ad Expo Milano 2015, presenta a partire da oggi una piccola mostra per festeggiare il primo secolo della sua iconica bottiglia, quella forma sinuosa che ha attratto generazioni di tutti i tipo e in ogni parte del pianeta.
A raccontarla, stamane, è stata Pia Capelli, in un lezione frizzante sul modo in cui gli artisti contemporanei hanno guardato al logo, alla bottiglietta di vetro, e anche alla lattina. Artisti di tutto il mondo, uniti sotto il grande cappello del papà della Pop Art Andy Warhol, per il quale la Coca Cola è stata una sorta di “musa” al pari di Marilyn Monroe, e alla quale aveva dedicato anche un intero capitolo nella sua Autobiografia: «Ciò che è grande di questo paese è che l’America ha iniziato la tradizione per cui i consumatori più ricchi comprano per la maggior parte le stesse cose di quelli più poveri. Tu puoi vedere alla tv la pubblicità della Coca-Cola e sai che il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola e anche tu puoi bere Coca-Cola. Una Coca-Cola è una Coca-Cola e non c’è denaro che ti consenta di berne una più buona di quella che sta bevendo un barbone all’angolo».
Un’icona che, ancora prima di Warhol, aveva coinvolto Norman Rockwell, Robert Rauschenberger e anche Cildo Meireles, negli anni ’70, con un aspetto più politico, e poi Richard Estes e tanti pittori iperrealisti che hanno raccontato la bevanda nella sua veste inconfondibile come emblema del proprio Paese, sia dal cuore dell’America e arrivando anche in Cina, molto tempo dopo.
«Non c’è un altro brand che sia entrato come Coca Cola nell’arte e ci sia rimasto per così tanto tempo. È riconoscibile anche tramite un piccolo frammento: era l’indicazione che si dava ai designer che lavoravano per la corporate dell’epoca, e che in Italia ci è stato trasmesso grazie alle opere di Mimmo Rotella e Mario Schifano», ricorda Capelli, mentre Ted Ryan, direttore dell’Heritage Communications di Coca Cola ha ricordato sia le varie collaborazioni tra il Coca Cola Center di Atlanta con vari musei, tra cui la Warhol Foundation, sia come l’azienda abbia compiuto un secolo di incursioni e abbia dettato legge nella storia della comunicazione, della grafica, del “simbolo”, tanto che anche i trucks che la trasportano sono diventati leggenda. E allora, se avrete modo di passare da queste parti, è d’obbligo una visita. Vi aspettano Luigi Bona, lo stesso Andy con i Velvet Underground, gli americani dei sud Howard Finster e Todd Ford, l’inglese Debra Franses Bean, Alberto Murillo, Pakpoom Silaphan (forse il più orginale, con un ritratto di Ai Wei Wei su una vecchia insegna di latta, a rimarcare le icone del secolo tra passato e futuro) e la grande bottiglia di Daniele Basso, commissionata appositamente per l’occasione. La Coca Cola? Offerta. E se volete condividere immagini sui social l’hashtag è #cokebottle100