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ArtVerona/5. Cose buone dalla fiera

di - 15 Ottobre 2017
Cose buone dal mondo era il famoso slogan di Kraft, lo si può usare oggi per ArtVerona, sia dentro che fuori la fiera.
Dentro c’è una buona attenzione a gallerie più giovani e questo è di buon auspicio.
Fabrizio Prevedello alla Galleria Cardelli&Fontana colloca la scultura in un clima “domestico”, superando così la questione dell’aulicità monumentale, ed evoca una leggerezza normalmente imprendibile nel marmo.
Tre lastre di forma “naturale”, nel senso che sono scarti provenienti dalla rottura durante il taglio del blocco di marmo Verde Alpi, sono sospese in un geometrico e morbido sostegno di tondini di ferro per cemento armato. Le lastre si sovrappongono una sull’altra e offrono due diverse figure tra fronte e retro, Senza titolo (169) cm 220 x 165 x 46. Immediato immaginarla in una casa, in una stanza, mentre in genere abbiniamo la scultura al colloquio con lo spazio urbano o con l’esterno dell’architettura. Il tratto di leggerezza dilata la materia, come se potessimo immaginare il passaggio prima che diventasse pietra. La suggestione di “assenza di peso” la rende, infatti, trasportabile, “domestica”. Una bella invenzione.
Alla galleria Michela Rizzo, il giovanissimo italiano Ryts Monet (pseudonimo) colpisce con la sua Riserva Aurea. Appoggiati su mensola, ci sono tre fogli bianchi con al centro dei fiori, disegnati molto minuziosamente con colori rosa, grigio, verde. I fogli racchiusi in un doppio vetro, si possono prendere in mano e girare. Sul retro appare la sorpresa: i fiori provengono da biglietti di carta moneta, piegati in vario modo e non immediatamente riconoscibili. L’effetto disegno sul fronte deriva dalla chirurgica incisione della carta, in modo da lasciar emergere solo il fiore. Un modo “incisivo” e poco didascalico di affrontare la questione dei soldi e la loro evanescenza. E anche un modo per ricordare la disparità attuale tra chi li ha e chi no.
Bruna Esposito, alla galleria Federico Luger, è presente con Sassi, Seggiole, Sonagli, 2007/2015 (in home page): due vecchie seggiole azzurre con il bordo dello schienale avvolto da una miriade di campanelli e un piccolo tavolo con dei ciottoli. C’è la sua maestria nel travolgere il sentimento quotidiano e indirizzarlo verso la molteplicità che si deposita nella coscienza anche senza intenzione. Il suono dei campanelli sul bordo dello schienale è un rimando libero per tutti. Ognuno trova il proprio sentiero di evocazione, ma sono anche una misteriosa scultura fatta con materiali a sua volta scolpiti da altri. In questo “salotto” le conversazioni avvengono tra varie lingue e vari luoghi.
Galleria Massimodeluca, tre giovani artiste, Paola Angelini, Giusy Pirrotta, Barbara Prenka (Kossovo, 1990), propongono una pittura che amalgama vari materiali in una specie di anomala tessitura. In Angelini avviene attraverso l’intreccio stesso delle figure dentro il dipinto. Pirrotta assembla in una carta da parati immagini sovrapposte di piante grasse, fiori, rami verdi, in dialogo con una serie di lampade e un proiettore di ceramica smaltata a vetro colorata, dalla forma fisica, tattile, tutte funzionanti. Mentre Prenka cola il colore acrilico direttamente sul vinavil che, una volta rappreso, diventa un’autonoma superficie appesa come una stoffa, o ricama fittamente direttamente sulla carta fino a farne una superficie compatta multicolore. Una scommessa di tre artiste che lasciano trasparire l’antica manualità delle donne nella creazione di una diversa fibra della pittura. (Francesca Pasini)

Sopra: Fabrizio Prevedello, Senza Titolo (196), 2017, foto di  Camilla Maria Santini

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