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Chi ha detto che un intellettuale, per essere engagé, deve per forza trovarsi al centro dell’azione? Certe volte è meglio spostarsi a lato, magari in una baita a Todtnauberg, nella Foresta Nera, in Germania, oppure in un rifugio in un fiordo a Skjolden, in Norvegia, come federo rispettivamente Martin Heidegger e Ludwig Wittgenstein. A volte il ritiro può anche essere forzato, come l’esilio di Theodor Adorno, costretto ad abbandonare la Germania nazista e risiedere prima a Oxford e poi a Los Angeles. Da questa condizione di ripiegamento, tanto fisico che spirituale, che però apre alla riflessione, parte “Machines à penser”, mostra a cura di Dieter Roelstraete, visitabile dal 26 maggio al 25 novembre 2018 nella sede di Venezia di Fondazione Prada, all’interno del palazzo di Ca’ Corner della Regina.
«In questi spazi i tre protagonisti della mostra hanno partorito i loro pensieri più profondi. L’isolamento, sia che sia stato scelto sia che sia stato imposto, sembra averne decisamente influenzato il pensiero. Nel corso degli anni le loro abitazioni si sono dimostrate una fonte d’ispirazione inesauribile per molte generazioni di artisti attratti dalla fantasia del ritiro, materializzata in questi elementari archetipi architettonici», ha spiegato Roelstraete. La mostra si sviluppa al piano terra e al primo piano nobile del palazzo settecentesco, in un percorso immersivo che approfondisce le figure dei tre pensatori e la relazione tra filosofia, arte e architettura, attraverso la riproposizione dei tre ambienti, nei quali sono esposti documenti di archivio, testi e opere di artisti come, tra gli altri, Goshka Macuga, Mark Riley e Gerhard Richter.
In home: Ian Hamilton Finlay, Adorno’s Hut. Courtesy Musée d’art moderne et contemporain de Strasbourg
In alto: Mark Riley, Todtnauberg Diorama (Martin Heidegger’s Hut), 2016. Courtesy of the artist