Ci sono Yayoi Kusama, Rikrit Tiravanija e – ovviamente – Piero Manzoni a fianco nomi emergenti come Anders Bonnesen o Hannah Heilmann: sono tutti raccolti “Per sfidare la Terra, la Luna, il Sole e le Stelle” all’HEART Museum di Herning.
Sono tutti artisti “che hanno accettato la sfida di trasformare il nostro mondo a testa in giù”, si legge nel comunicato stampa, e sono coloro che si uniranno nella Biennale del “Socle du Monde”, diretta da Mattijs Visser, con il team curatoriale composto da Olivier Varenne, Jean-Hubert Martin, Daniel Birnbaum, e Maria Finders, ognuno dei quali ha avuto assegnato un “capitolo” da indagare, basato su un lavoro di Manzoni.
Perché proprio in questo profondo nord? Perché in una tipografia di Herning, il 4 luglio del 1960, dalle 4 alle 6.55 del pomeriggio, Piero Manzoni portò a termine la Linea m. 7.200. Sigillata in un cilindro di zinco ed interrata nei giardini dell’Herning Kunstmuseum, la Linea di Herning sarebbe dovuta essere la prima di una serie di Linee sepolte nelle principali città del mondo, per eguagliare, con la somma totale della loro lunghezza, l’intera circonferenza del globo.
E fu proprio a Herning che, nel 1961, Manzoni decise di uscire da qualsiasi convenzione legata a musei, gallerie, oggetti, prodotti, per gettare la “Base” dell’opera d’arte più totale che si sia mai conosciuta: il mondo. Nacque qui, infatti, il Socle du monde, socle magique n.3 de Piero Manzoni, 1961, Hommage à Galileo.
E allora via, una Biennale, guardano il mondo in un altra prospettiva, con Bonalumi, Jorn, Celeste Boursier-Mougenot, Dadamaino, Enrico Castellani, Francois Morellet, Gianni Colombo, Hans Haacke, Heinz Mack, Ilja & Emilia Kabakov, Kimsooja, Lucio Fontana, Otto Piene, Tomás Saraceno e, ovviamente tra gli altri, anche Yves Klein.