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Canal|05. Una nuova galleria a Bruxelles, che parla anche all’Italia. Tre domande a Federico Corradazzo e Jacopo Morelli

di - 30 Gennaio 2014
Non chiamateli espatriati, anzi. Le modalità di un trasferimento dall’Italia al Belgio, secondo le parole di Federico Corradazzo e Jacopo Morelli, da Venezia a Bruxelles 1000, una delle zone più interessanti e vivaci della capitale, è un modo anche per fare del bene alla cultura del nostro Paese. L’occasione per avvicinarli è l’apertura di una nuova realtà espositiva, Canal|05, che tra poco più di una settimana (sabato 8 febbraio) aprirà con “Towards which planet? – An Italian mood”, collettiva curata da Raffaele Gavarro che vedrà in scena i lavori di Adalberto Abbate, Bianco-Valente, Raffaella Crispino, Sandro Mele, Gioacchino Pontrelli, Giuseppe Stampone, Eugenio Tibaldi e Vedovamazzei. I temi sono quelli legati alla realtà storica, politica e sociale e anche sotto questo punto di vista Canal|05 vuole porsi, da qui in futuro, come un incubatore di ricerca, uno “stimolatore di collaborazioni” dove saranno aperti canali di dialogo tra artisti, architetti, designer, musicisti, scrittori e poeti. Ma ecco nel dettaglio cosa ci hanno raccontato i due galleristi.
Nel comunicato stampa diffuso per l’apertura della galleria si legge: “Cercare nuovi stimoli fuori dall’Italia, ma anche un ormai sempre più diffuso desiderio di fuga, sono state le ragioni dell’approdo di Canal|05 a Bruxelles”. Qualcuno potrebbe dirvi che siete scappati. Ci raccontate qualche dettaglio della vostra scelta, un episodio scatenante?
«Troppo spesso nell’immaginario italiano la ricerca di lavoro e le esperienze all’estero vengono interpretate come una fuga dal nostro Paese: in realtà, noi crediamo che poter conoscere nuove realtà, confrontarsi con altri luoghi e con altre culture non possa che arricchire il bagaglio culturale di ciascun individuo e quindi anche del suo Paese d’origine. Questo per dire, riprendendo anche il tema della mostra, che non necessariamente un’esperienza al di fuori dei confini nazionali debba essere interpretata come definitiva o a solo vantaggio degli ospitanti, ma anche e soprattutto a favore del Paese natio. Il nostro percorso di galleria è nato a Venezia quando circa un anno fa abbiamo deciso, un po’ per gioco un po’ perché volevamo metterci alla prova, di organizzare una mostra di giovani artisti, e così in aprile abbiamo inaugurato presso gli spazi della Fondazione Valerio Riva “Black & White”, un progetto che ha coinvolto cinque realtà artistiche emergenti e che, nonostante il difficile palcoscenico su cui si affacciava, ha dato ottimi risultati sia in termini di richiamo che di effettive possibilità di continuare in tal senso. Terminata quell’esperienza, inizialmente abbiamo pensato di continuare nel circuito di Venezia, ma poi una serie di casualità, amici che vivono qui in Belgio, o forse destino, ci hanno portato a valutare la possibilità di continuare la nostra avventura a Bruxelles, così durante l’estate abbiamo cominciato a conoscere questa realtà e ad Ottobre abbiamo avuto la possibilità di ereditare, se così si può dire, lo spazio di un’importante galleria, la Vidal Cuglietta, che proprio in quel periodo stava lasciando lo spazio».
Aprite con una mostra di soli artisti italiani, tutti nati tra gli anni ’60 e ’70, strettamente legati a questioni politiche-sociali: una bella connotazione che servirà anche come “avviso” sulla programmazione futura?
«La mostra di apertura è uno spaccato sociale della realtà che stiamo vivendo in Italia, racconta una condizione ormai all’ordine del giorno in cui molte realtà artistiche, professionali e non solo “fuggono” all’estero alla ricerca di quelle possibilità che ad oggi sembrano mancare nel nostro paese. Il disegno della mostra è opera del curatore e critico Raffaele Gavarro, il quale ci ha proposto questo progetto, che sicuramente ben fotografa in parte la realtà del Belpaese.
Canal|05 è un veicolo d’informazione assolutamente neutro che non ha indirizzi o costumi politici e che non ha nessuna intenzione di orientarsi verso una corrente piuttosto che un’altra; le sue radici poggiano su un concetto di apertura artistica e ideologica che possa dar voce a tutti, anche abbracciando diverse modalità di comunicazione, non solo opere ma anche musica, letteratura e eventi collaterali, cercando di costituire un canale di comunicazione indipendente e svincolato da ogni imposizione. Stiamo cercando di realizzare nella programmazione diverse tipologie di progetti che possano abbracciare anche diverse tipologie di pubblico e di protagonisti».
Ovviamente l’ultima domanda non può che essere su un doppio registro: da una parte Bruxelles; Perché questa scelta? Che cosa cercate da questo approdo? Dall’altra parte l’Italia; il vostro punto di vista, come galleristi, sul Paese oggi?
«La scelta di Bruxelles e la sua effettiva presa in considerazione come “base operativa” nasce dalla convinzione che sia una città assolutamente giovane e con ottimi margini di crescita, un circuito non inflazionato da troppe realtà commerciali legate all’arte contemporanea, che nel percorso di sviluppo che sta vivendo in questi anni, sembra non aver ancora trovato un suo punto di arrivo; posizionata al centro dell’Europa denota una notevole attenzione verso l’arte e la cultura e non da ultimo presenta un collezionismo interessato e attento. Vivendo la città, si respira un clima e un’atmosfera frizzante, che proiettano l’individuo verso la costante ricerca di nuovi stimoli e possibilità. Questo è forse uno degli elementi che ad oggi sembra mancare in Italia; il nostro Paese sta vivendo una condizione sociale, politica e lavorativa che non sembra lasciare spazio neanche alla possibilità di un futuro migliore: quello che si riscontra in Italia è la mancanza di un passaggio del testimone alle nuove generazioni, ai giovani che qui come in ogni altra parte del mondo sono l’unica vera risorsa che garantisce crescita e sviluppo».

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