La storia è di quelle che fanno più disgusto che rabbia e risale già a due giorni fa, un tempo che, non solo nel mondo dell’informazione ma, in generale, anche in quello del visivo, vuol dire quasi un secolo. C’è stato tutto il tempo, insomma, per assorbire l’immagine dello striscione dedicato alla memoria di Giulio Regeni, affisso sullo scalone del Municipio di Ferrara, coperto dalla bandiera della Lega. Che, giova ricordarlo, visto che stiamo parlando anche di memoria, si chiamava Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, poco prima delle elezioni politiche del 2018.
E dire che si stava festeggiando, ovviamente con la sobrietà tipica dei carroccianti, dopo il risultato del ballottaggio che ha assegnato la guida della città emiliano-romagnola al leghista Alan Fabbri, primo sindaco del centrodestra dal dopoguerra, fedelissimo di Matteo Salvini e vorace lettore di romanzi di formazione come Il giovane Holden. Un gesto inutilmente becero, sulla linea di quelli ai quali ci hanno abituato i membri del bel partito che una volta ardeva per picconare l’Italia e adesso agita nevroticamente l’asta da selfie.
La fotografia ha immediatamente attirato l’attenzione di Amnesty International, che ha promosso l’esposizione del drappo giallo in diverse città d’Italia tra cui Ferrara dove, peraltro, era stato anche rubato, nel 2017. «Proprio in queste ore sta diventando virale la triste immagine della Lega ferrarese che, per esultare del proprio risultato elettorale, ha coperto con la propria bandiera lo striscione a sostegno della battaglia per la verità su Giuglio Regeni», ha commentato Ivan Greghi, segretario del Pd di Cento. Al che è intervenuto Fabbri, che ha provato a minimizzare: «Non era certo un gesto a sfregio. La bandiera è stata tolta subito, mentre lo striscione di Regeni resterà dov’è». Insomma, abbiamo capito tutti male, mica c’è da offendersi, è solo il solito caso di Buonisti da Salotto VS Buonsenso Spicciolo, non c’entra nulla il vilipendio alla memoria di un ragazzo nato nel 1988, dottorando all’Università di Cambridge e barbaramente torturato e ucciso in Egitto. La bandiera leghista sarà stata anche tolta subito e, magari, apposta in un luogo più idoneo ma la fotografia, diffusa attraverso tutti i canali comunicativi, rimarrà latente per molto tempo nella percezione condivisa, come uno dei tanti simboli di questa sempre più acuta barbarie del pensiero e dei gesti.
Comunque, poiché su Exibart parliamo di politica soprattutto quando sfiora l’ambito della cultura visiva, segnaliamo la reazione di Flavio Favelli. L’artista nato a Firenze nel 1967 spesso lavora con i meccanismi di riappropriazione e persistenza delle immagini, delle icone e dei loghi e, in questo caso, ha realizzato un piccolo disegno a matita colorata su cartoncino 29×20 centimetri: Chi di spada perisce, di spada perisce. (mfs)