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Che cosa direbbe Richard Prince, artista americano che dal 1975 si appropria di fotografie “rubate” ad altri autori, e che per questo appena qualche giorno fa è stato violentemente bachettato? E chissà che ne pensa Cattelan, che alla mostra del Guggenheim ha esposto una serie di targhe di studi professionali trafugate a Forlì nei primi anni novanta? E Nicholas Burriad riscriverebbe alcuni passi del suo “Post-Production” sulle basi del neonato movimento “Copimista”?
Vi state chiedendo se abbiamo scovato una nuova corrente? Beh, potrebbe sembrare una versione moderna dell’Appropriazionismo. Ma che accidenti è il Copimismo? É il sacrosanto diritto, ufficializzato in Svezia, di appropriarsi di musica, immagini e film anche illegalmente. Sì, illegalmente. Nello statuto sul sito web del nuovo dogma religioso si legge: «l’informazione e’ santa, e copiarla è un sacramento centrale per l’organizzazione e i suoi membri», alla faccia di tutte le leggi su copyright e diritti d’autore. Va da sé che dal momento che si sceglie di copiare qualcosa è possibile, e necessario, divulgarle e modificarle. E se queste modifiche aggiungono valore all’originale, allora si può parlare di opera d’arte. Che non è perseguibile per legge, secondo quanto riferito negli anni ‘90 dal giudice Nelson Leval su “Law Review”. Ma beghe legislative a parte, quello che importa è che, tra Google, Facebook e youtube, la religione di oggi è stata definitivamente ufficializzata. Almeno nella sempre moderna Svezia. (matteo bergamini)