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Doppio evento questa sera, 5 aprile, in Corso di Porta Ticinese, a Milano: l’apertura della nuova galleria Scaramouche loves Aline e della prima mostra nei suoi spazi “The Crucial Years”, che dopo sessant’anni riporta nel capoluogo lombardo Nuvolo, al secolo Giorgio Ascani (1926-2008), «pioniere nell’uso della serigrafia applicata alle arti visive, artefice di una delle più straordinarie e singolari ricerche artistiche dell’Italia del dopoguerra», ha spiegato la galleria. Scaramouche loves Aline è un nuovo progetto, indipendente, che eredita la ricerca della galleria Scaramouche, fondata a New York City nel 2009. Abbiamo posto alcune domande sul progetto e sulla mostra a Daniele Ugolini e Federica Soldati, direttori della galleria.
La Galleria Scaramouche si trasferisce a Milano. Da dove nasce questa decisione?
«Scaramouche nasce all’inizio del 2009 da una collaborazione tra il gallerista fiorentino Daniele Ugolini e Lorin Prince, former vice president marketing di Miramax. Il luogo scelto è New York, nel Lower East Side – quartiere allora fatiscente e dove iniziavano a sorgere le primissime gallerie sperimentali – per provare a portare avanti una programmazione cutting-edge e di riscoperta. Per sette anni si sono susseguiti artisti di diversa nazionalità e provenienza, spesso alla loro prima personale in America. L’obiettivo di Scaramouche è sempre stato quello di inserire in musei, fondazioni e istituzioni pubbliche i propri artisti sia attraverso esposizioni che con significative acquisizioni. Esaurito il suo ciclo newyorkese e con l’incontro di Aline, nasce in Scaramouche la voglia di continuare il proprio lavoro tornando nel suo luogo di origine, l’Italia, patria della Commedia dell’Arte. Con Federica Soldati, “Aline”, Scaramouche ripartirà con una nuova avventura nel cuore di Milano».
Quale sarà l’identità di Scaramouche a Milano? A quali espressioni artistiche rivolgerà la sua attenzione?
«Con l’esperienza maturata in America e attraverso i contatti internazionali sviluppati a Manhattan, Scaramouche continuerà anche a Milano la sua ricerca e promozione di artisti anticonvenzionali al sistema, generalmente poco presenti nel mercato speculativo, alienato come non mai in questi ultimi anni. Artisti Mid-Career e Maestri da poco scomparsi senza aver ricevuto i giusti riconoscimenti critici saranno il target principale della nostra attività. L’ambizione è quella di continuare a muoverci e pensare a casa nostra come se fossimo sempre a New York».
Il vostro spazio milanese inaugura con una mostra di Nuvolo. Perchè avete scelto di aprire il programma espositivo con questo artista e che opere vedremo in mostra?
«Circa una decina di anni fa, durante il viewing di un’asta secondaria nel Mid-West, mi sono ritrovato per caso, davanti a un’opera sorprendente, innovativa. Pensavo fosse di un bravo giovane contemporaneo. Appena scoperto che, invece, era un lavoro del 1958 e addirittura eseguito da un artista italiano che non avevo mai sentito nominare, sono rimasto incredulo: quell’opera era un Nuvolo. Me la sono aggiudicata e, da quel momento, malgrado la sua grande rarità sul mercato, sono riuscito ad acquistarne altre fino a potere presentare questa mostra: la prima personale a Milano dopo oltre sessant’anni. “Nuvolo. The Crucial Years” presenterà opere realizzate tra gli anni ‘50 e i primi anni ’60, gli anni cruciali dell’artista. Sono gli anni che seguono la frequentazione di Burri e la sua influenza, il trasferimento di Nuvolo nella Roma degli anni ‘50, l’incontro determinante con il poeta e critico Emilio Villa e poi, con Cagli, Colla, Mirko, Twombly, Plinio De Martiis, Peggy Guggenheim e molti altri. Anni di intensa passione, di creazioni, di importanti esposizioni. Siamo convinti che Nuvolo sia tra i principali artisti italiani di quella generazione a non avere ancora avuto i meritati riconoscimenti».
Quali mostre o progetti proporrà la galleria nei prossimi mesi?
«Dopo la presentazione del catalogo della mostra di Nuvolo, previsto per metà giugno, con una serata nel giardino della galleria, non vogliamo svelare i programmi che seguiranno da settembre, possiamo solo anticipare che presenteremo la personale di un artista americano che fa parte dell’intelligentia newyorkese e non solo…». (Silvia Conta)
In alto: Nuvolo, Senza Titolo, 1957