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Aliquote, percentuali di detassazione, finanziamenti diretti, regolamenti da interpretare secondo la versione dell’Agenzia delle Entrate o della Corte dei Conti. Per l’industria culturale non è semplice individuare la giusta strada verso lo sviluppo, che rischia di smarrirsi in questo labirinto burocratico in cui anche lo Stato si trova sprovvisto di logiche di intervento unitarie. E a risentirne non è solo il settore specifico, visto che le ricadute si avvertono in molti altri ambiti. Ma bisogna guardare avanti e in questo senso procede il racconto di No Tax Culture. Una politica fiscale per lo sviluppo del Paese, libro di Stefano Monti, recentemente pubblicato da Egea, che sarà presentato lunedì, 6 novembre, alle 18, nella Sala Gianfranco Imperatori della sede dell’Associazione Civita, in Piazza Venezia, a Roma. Insieme all’autore, ne parleranno Stefano Antonelli, Alessandro Longobardi e Federico Solfaroli Camillocci, modera Alberto Improda.
Per quanto inimicale possa essere, il territorio delle politiche fiscali riesce a restituire un’immagine chiara di come un Paese interpreti la cultura, perché, alla base, si trova un semplice assunto: lo Stato attraverso le politiche fiscali privilegia lo sviluppo di settori che perseguono un interesse collettivo. ‹‹L’Italia della cultura ha in modo irresponsabile tralasciato questo aspetto. È tempo di porre rimedio››, ha commentato Monti. La presentazione del libro darà voce a un dibattito per mettere a punto una serie di idee e di proposte concrete attraverso le quali migliorare le condizioni di un settore economico che, caso alquanto anomalo all’interno degli scenari economici, a discapito dei trend di espansione, rimane tra i più fragili dal punto di vista strutturale.