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Due passi tra Terni e Saint Ouen. Gli artisti ci raccontano l’esperienza di Gemellarte

di - 16 Maggio 2019
Gemellarte, il festival itinerante di arte contemporanea, compie i primi passi. Precisamente due ma piuttosto distanti tra loro, perché sarà a Terni e Saint Ouen che, il 17 maggio, verranno presentate in contemporanea le opere realizzate da Camille Beauplan e Andrea Abbatangelo, a conclusione di uno scambio di residenza, rispettivamente, presso Caos-Centro Arti Opificio Siri e Galerie Mariton.
Infatti, obiettivo del Festival, diretto da Chiara Ronchini, curatrice e fondatrice della galleria Crac Arte Contemporanea, è rinverdire i gemellaggi tra città italiane e straniere, aprendo un canale di condivisione di progetti, conoscenze ed esperienze. Per questa prima edizione è toccato a Terni e Saint Ouen, città gemellate dal 1961, mentre i due artisti vincitori delle residenze sono stati scelti in seguito a una open call, per la quale sono stati selezionati anche Valerio Belloni, Cristiano Carotti e Chiara Fantaccione, i cui lavori saranno esposti fino al 19 maggio nella Sala Carroponte di Caos. A pochi passi, al Fat art club, invece si terrà l’opening di “François et moi. Il mio grazie a Truffaut”, mostra fotografica di Grazia Morace.
Abbiamo raggiunto Beauplan e Abbatangelo per farci raccontare la loro esperienza sul territorio.
I vostri progetti sono stati realizzati nel corso di una residenza, rispettivamente, a Terni e Saint Ouen. Cosa e chi avete avuto l’occasione di conoscere, durante questo periodo? Cosa ricorderete di questa esperienza?
Camille Beauplan «Questa residenza è stata un’esperienza molto gratificante perché ho potuto lavorare con molti attori della città di Terni. Per realizzare il progetto abbiamo dovuto acquistare del materiale, cosi ho potuto incontrare artigiani appassionati dei loro prodotti italiani. Ho fatto i miei acquisti nei piccoli negozi di alimentari tipici per vedere cosa mangiano tutti i giorni le persone e inevitabilmente ho provato un supermercato! Mi piace quando scopro un paese! Ho anche avuto la possibilità di lavorare con artisti che hanno pratiche diverse: Chiara Fantaccione, Valerio Belloni, Cristiano Carotti, Giordano Torregiani e altri per il progetto curatoriale di Chiara Roncini. Ho potuto discutere con personalità politiche interessate al progetto, all’arte, alla cultura (che al giorno d’oggi è piuttosto raro). Ma anche giornalisti per diversi media che, facendo le loro domande, mi hanno permesso di ripensare ogni volta al mio lavoro di pitttice e al mio progetto di residenza. Anche il mio interprete per la conferenza stampa è stato una personalità molto interessante, interessata alle lingue e ballerino professionista. Alessio, il condirettore del festival, mi ha permesso di scoprire le cascate della Marmore! Lui e Chiara erano al mio fianco per aiutarmi a capire i problemi della residenza. Ho centinaia di immagini della città e già nuove idee di pittura».
Andrea Abbatangelo «L’inizio della residenza è stato a dir poco epico! La mia proposta era basata sull’interazione tra “spazio pubblico”, in questo caso la Galerie Mariton, e “spazio privato” che intendevo come estensione del ruolo pubblico ma in un contesto diverso, privato appunto. Oggi parlare di istituzioni pubbliche nei Paesi Occidentali sembra quasi un eresia e la mia esperienza è che invece in tanti Paesi non-Occidentali sono gli spazi privati, i gruppi di persone, a determinare la scena artistica e culturale dell’intero Paese proprio per mancanza di Istituzioni Pubbliche».
Camille, per rappresentare le varie sfumature del termine “gemellaggio”, hai raffigurato un grande parco giochi. Come hai sviluppato l’idea di questa immagine?
«La residenza può durare solo 10 giorni comprese le interviste, lavorare con altri artisti, con vincoli orari relativi all’apertura del posto di lavoro, quindi c’è poco tempo per dipingere alla fine. Quando ho saputo di essere stata selezionata ho tenuto conto di tutti questi parametri e per risparmiare tempo ho fatto un giro virtualmente a Terni su Street view, come faccio a caso nella realtà quando lavoro su un luogo. Mi sono imbattuta nel parco per bambini del CLT. Sono rimasta scioccata dal fatto che i giochi per bambini fossero quasi uguali a quelli del nuovo parco di St Ouen. Sono caratterizzati da un design raffinato, con acciaio inossidabile, molti colori e uno stile che definirei “pseudo futurista”. Non sappiamo necessariamente come usarli, sembrano sculture di Claes Oldenburg, o Koons, è un po’ stravagante. Bene, sono gli stessi di St Ouen! Da una parte sono felice che i bambini abbiano giochi molto attraenti ma è normale che tutti i bambini abbiano gli stessi? Questa domanda la pongo anche per le nuove costruzioni. Più alloggi sono buoni ma tutti uguali? Ancora? Come nella ricostruzione delle città bombardate durante la seconda guerra mondiale? Inoltre ho trovato per certi versi dei punti comuni dal punto di vista dell’architettura tra Le Havre e Terni, entrambi hanno subito gli stessi danni durante la guerra. In breve, faccio solo domande legate all’identità di un luogo, a cosa lo rende particolare. Infine voglio mostrare che ciò che è più interessante della nozione di gemellaggio delle città è più le loro differenze che i loro punti in comune. Sono lieta che St Ouen e Terni siano ancora diversi. Dobbiamo assicurarci che ciò rimanga tale, questo è ciò che rende prezioso il gemellaggio, la differenza».
Andrea, attraverso il tuo Percorso Pubblico hai avuto modo di esplorare alcuni spazi privati e anche piuttosto insoliti di Saint Ouen, per creare una sorta di museo cittadino. Che tipo di opere vi si potranno trovare? Come hanno reagito gli abitanti?
«La residenza è partita quindi con l’invito da parte di un’associazione locale molto attiva nel contesto del proprio quartiere, mi hanno aperto la porta e messo subito in una confort zone. La serata è stata molto interessante, tutti parlavano con tutti, si scambiavano esperienze e costruivano nuove relazioni. La cosa ha fatto sì che automaticamente io cercassi un ambito meno strutturato, meno connesso alla comunità artistica locale. Il giorno dopo mi sono immerso nell’Ile de Vannes con i suoi complessi architettonici ispirati al funzionalismo ed al brutalismo socialista; per di più è un’isola separata dal resto della città dalla Senna. La gentrification si aggira guardinga tra i pochi market della grande distribuzione, in un contesto urbano che è in aperta contraddizione sia con il centro della città sia con se stesso. Attraversato il grande cancello c’è tutta un’altra storia: c’è la Città dello Sport. La comunità più coesa che abbia visto in città. Il luogo dove resiste il più famoso club di boxe inglese, il cui team è composto da campioni gentili. Poi c’è il club di canottaggio che si allena sulla Senna e gareggia a Versaille, sembra pura letteratura. Nel frattempo quindi, ho cambiato tutto; il mio obiettivo era far dialogare due comunità invisibili tra loro: quella legata alle arti ed al centro di St Ouen e quella legata allo sport che presidia quel corno d’isola dell’Ile de Vannes.Con loro ho speso gran parte del tempo, con loro ho anche lavorato dopo tante ore di semplice osservazione. Nei laboratori dell’École des beaux-arts poi sono tornato alle origini dello storytelling, ho lavorato con la tecnica della puntasecca per fissare alcuni momenti e soprattutto per raccontare l’esperienza di alcuni luoghi. I lavori in mostra spaziano dalla grafica alla fotografia, con la presenza di una gigantografia, all’assemblage con alcuni pezzi delle automobili bruciate all’Ile de Vannes».
In home: Andrea Abbatangelo, 2019, Percorso Pubblico, installazione 320 x 238 cm
In alto: Camille Beauplan, foto di Giordano Torreggiani

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