Durante l’ultimo plenilunio, a fine giugno, sul bordo estremo del golfo di Napoli, a Punta Campanella, lì dove la penisola sorrentina è più rasente ai Faraglioni di Capri, una Torre ha suonato, proiettando sul suo corpo le grafie di una melodia. Uno spettacolo intimo, un sussurro in una notte di luna piena per ricordare, come un coro di note, Daniele Lombardi, compositore, pianista e artista visivo, scomparso lo scorso marzo 2018. Questa doveva essere una sua perfomance, dal titolo Atlas, pensata site-specific per la tenuta della Torre di Alberto Del Genio, divenuta poi per affetto, una performance sull’ultima idea del Maestro. L’iniziativa è stata promossa da Alberto Del Genio stesso, da Ana Spasic (soprano) e da Francesca Barbi Marinetti, amici ed estimatori del maestro Lombardi, che era nato a Firenze nel 1946.
Per il concerto-omaggio è stata eseguita la sua opera Atlas (su testi di Ovidio, Gino Dal Monte e Hölderlin) per pianoforte, voce soprano e proiezioni varie: “Nelle tenebre di Ade Rovinoso” per pianoforte e gong (2013), “Tra i Calanchi di Selene” per voce (soprano: Ana Spasic) del 1973, su testo di Gino Dal Monte, “Mitologie 1” per pianoforte (1996), “In nova fert” (frammento) per voce (1998), frammento iniziale delle Metamorfosi di Ovidio. Al pianoforte, al posto dell’autore scomparso, si è seduto Ciro Longobardi, napoletano, concertista di rilievo dalla carriera internazionale, ma soprattutto molto stimato da Lombardi tanto da avergli affidato negli ultimi anni alcuni suoi studi pianistici da eseguire e registrare. Durante il concerto sono state proiettate le sue grafie sia nel contesto musicale che artistico, realizzate con la collaborazione di Vincenzo Capalbo.
Dunque compenetrazione di suono e immagine, o espansione della musica attraverso una pittura di luce che si materializza svaporando la struttura architettonica della torre normanna. L’aveva ben studiata il maestro Lombardi, che aveva soggiornato alla Torre Fossa Lo Papa, lo scorso novembre. Aveva calcolato il plenilunio maggiore dei gemelli, quello in cui si ravviva l’amore e il contatto con gli altri, producendo un momento di meditazione pura stimolato dal mostrarsi pieno della luna che così lascia libero il corridoio tra Terra e Sole. Un momento propizio in cui ripensare il proprio sé lontano da tutto.
Un’azione di spirito dunque, in cui il suono astrae dal resto e viaggia nell’inconscio dei presenti che divengono protagonisti di una ritualità ulteriore Proprio perché il maestro era conosciuto e apprezzato a livello internazionale, il suo lavoro di manutentore della cultura musicale d’avanguardia è stato un impegno che ha sussunto sin dall’inizio divenendo un punto di riferimento per la musica contemporanea. Un compositore che aveva fatto del segno la sua cifra distintiva. Un segno, una grafia musicale che si espandeva sopra, dentro, di fianco al pentagramma, divenendo presto una partitura pitturata, quasi naturale derivazione delle sue tele musicali, continuatrici della poesia pentagrammata del Futurismo e di Russolo in particolare, delle parole in libertà, fino a inglobare una meditazione complessiva su tutta la musica sperimentale del Novecento, nel tentativo di perseverare, come dice Ana Spasic, un’idea di opera totale con il suo Atlas che fu ispirato da quello di Boccioni, fatto come un diario di bordo e da quello di Warburg che era un atlante illustrato e infine da quello di Richter che creò un’opera-manifesto. (Marcello Francolini)
In home e in alto: Fotografie di Fabio Donato