Il 20 dicembre 2017, vale a dire a più di due mesi prima del voto, l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani ha iniziato a rendere note le traduzioni dei programmi politici in misure economiche, evidenziando l’andamento sulla spesa pubblica e sulle misure di copertura previste dai principali programmi politici. Il dato è allarmante: la maggior parte dei programmi politici prevede un incremento importante della spesa pubblica, soltanto in parte coperto da misure di rientro del debito.
Cosa significa? In pratica, significa che chiunque governerà questo Paese (centrodestra secco, centrodestra associato al Movimento 5 Stelle, e tutte le combinazioni possibili che il voto ha reso possibile), adotterà delle spese espansive scoperte. Spenderemo, in altri termini, più di quanto guadagneremo. Con effetti necessari su tassi di interesse del debito pubblico, e sui programmi politici successivi.
Il risultato è visibile da questo grafico
Il che tradotto, in termini un po’ più grossolani, significa che, fatta eccezione del programma di Emma Bonino (con copertura quasi totale delle misure proposte), tutti gli altri programmi prevedono che l’Italia debba ancora indebitarsi.
Rapportando il ragionamento a un contesto familiare, ogni buon padre di famiglia dovrebbe essere dissuaso dall’imitare la nostra politica. Perché questi programmi prevedono di spendere 100€ (per il miglioramento della nostra condizione) e in alcuni casi ridarcene 1 (è il caso del PD). Certo, il debito pubblico è soltanto una delle dimensioni di un programma politico e, anzi, rappresenta una condizione strutturale e funzionale alla crescita di un’economia, ma da qui a prevedere di coprire soltanto il 37% delle spese in 5 anni (Movimento 5 Stelle) il passo non dovrebbe essere così breve.
Tutto ciò è sfuggito al dibattito, che invece si è incentrato su temi più generici e volatili (volendo usare eufemismi). Ma questo non è colpa dei politici. È colpa di tutti noi: cittadini, tecnici e giornalisti. Siamo noi a dover mostrare un maggior livello di conoscenza della res pubblica. Siamo noi a dover seguire, ciascuno per le proprie competenze e per le proprie inclinazioni, la gestione del nostro Paese. La vittoria indiscussa del Movimento 5 Stelle (e possiamo dire quello che ci pare, ma di questo si tratta) può avere sicuramente l’effetto positivo di avvicinare nuovamente alla politica tante persone che non si vedevano più rappresentate da una forza partitica tradizionale. Dovremmo sfruttare questo entusiasmo per riuscire ad alzare un po’ l’asticella sul dibattito pubblico. Anche perché, se il voto può anche essere ideologico, le sue implicazioni non lo sono affatto.
Come farà il nuovo governo (e faccio gli auguri al nostro Presidente della Repubblica), a bilanciare, per esempio, la visione politica della Lega (che vuole defiscalizzare l’Arte al fine di incrementarne anche la circolazione all’estero) e quella dei 5 Stelle (che invece vuole inasprire la notifica quantunque lo strumento sia tra i più criticati d’Italia)? Come si declinerà la previsione di un aumento della Spesa pubblica in cultura (5 Stelle) con la visione di chi prevede la trasformazione del MIBACT nel Ministero del Tesoro dei Beni Culturali? Il rischio è che si rimanga impantanati in una serie di rimandi legislativi, emendamenti, e che per altri 5 anni la cultura in Italia non farà un passo avanti (al massimo qualche passo indietro). Ecco perché bisognerebbe avviare un dibattito un po’ più serio.
Perché i cittadini capiscano le intenzioni concrete di chi andrà a governare e non soltanto gli slogan che sono buoni per vendere un prodotto ma non ti spiegano certo come usarlo. Pretendiamo un po’ di più da noi stessi. Non c’è altra strada da percorrere se vogliamo iniziare a pretendere un po’ di più da chi ci governa. (Stefano Monti)