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Figli di un’Europa in movimento. Leonardo Bigazzi ci racconta la settima edizione di VISIO

di - 12 Novembre 2018
Se c’è una cosa che abbiamo imparato, in quest’ultimo periodo piuttosto confuso, è che il mondo sta cambiando anche più velocemente di quanto la soglia d’attenzione del nostro sguardo riesca a percepire. Allora sarebbe comodo, oltre che confortante, poter usare qualche programma di video editing, per rallentare, fermare, ingrandire, tagliare o sfumare il tempo che ci scorre attraverso, concentrarsi su qualche particolare insignificante oppure ampliare oltremodo l’orizzonte degli eventi. Un’operazione del genere non è affatto impossibile ma ci vuole una certa arte, per capire poi cosa è importante vedere in questo flusso – indistinto oppure iperdefinito? – e anche come raccontarlo. Magari potrebbe tornare utile il linguaggio delle immagini in movimento? Così immediato, raggiungibile e, in alcuni casi, anche poetico. E infatti, una esaustiva panoramica di questo eterno contemporaneo potremo attraversarla per la settima edizione di VISIO, progetto che si terrà a Firenze, nell’ambito dell’undicesima Edizione dello Schermo dell’arte Film Festival, dal 13 al 18 novembre 2018.
“European Identities: New Geographies in Artists’ Film and Video” è il titolo programmatico e anche un po’ politico della sezione espositiva, alla quale sarà affiancato un calendario di seminari e che sarà allestita a Le Murate, spazio ricavato nell’ex carcere maschile di Firenze, rimasto attivo fino a venti anni fa. I partecipanti sono figli della stessa generazione e sono stati selezionati attraverso una open call: Tekla Aslanishvili (1988, Georgia/Germania), Vincent Ceraudo (1986, Italia, Francia/Olanda), Alice dos Reis (1995, Portogallo/Olanda), Ryan Ferko (1987, Irlanda/Canada), Riccardo Giacconi (1985, Italia), Vanessa Gravenor (1992, Canada, Stati Uniti/Germania), Margaret Haines (1984, Canada/Olanda), Alyona Larionova (1988, Russia/Regno Unito), Lukas Marxt (1983, Austria/Germania), Martina Melilli (1987, Italia), Michał Soja e Róża Duda (1994-1993, Polonia), Katja Verheul (1988, Olanda). Della necessità di questi sguardi e della radice etica di un format dedicato all’immagine in movimento, ce ne parla Leonardo Bigazzi, curatore del progetto.
Dodici sono gli artisti selezionati per esporre in questa edizione di VISIO, tra i novanta che hanno partecipato alla call. Quali sono stati i criteri che hanno orientato la scelta? È possibile individuare una linea comune tra le opere?
«L’idea per “European Identities” era selezionare artisti che potessero rappresentare, non solo attraverso le loro opere ma anche con il loro percorso di vita e di lavoro, il senso di una generazione per l’Europa unita. Una generazione – che è anche la mia – che ha assorbito questo concetto, anche sfruttando le sue opportunità di muoversi liberamente. Quest’anno abbiamo scelto artisti originari di Paesi che non avevano mai partecipato alla call, come Canada, Russia e Georgia, per poter sviluppare una riflessione su come l’identità artistica europea si sia arricchita di sensibilità provenienti da tutto il mondo. L’arte ha bisogno di una pluralità di voci, di muoversi e di assorbire. In tempi di derive sovraniste e nazionalismi, è questo il nostro statement. Per esempio, i due artisti italiani che abbiamo scelto si sono formati all’estero ed è lo steso loro percorso a dimostrare come abbiano assorbito questa situazione».
Che relazione si instaura tra le opere e uno spazio espositivo, come quello delle Murate, già molto caratterizzato?
«Si tratta di un luogo particolarmente adatto. Alcune delle opere parlano della limitazione della libertà personale ma anche degli altri drammi che viviamo oggi, vicino o a distanza di poche braccia di mare. Per esempio, l’opera di Melilli, che è stata allestita nello spazio delle celle del carcere duro che, solitamente, non è concesso come spazio espositivo. Mi interessava selezionare opere come questa e farle dialogare con un contesto del genere».
Sette sono le edizioni di VISIO. Come si aggiorna un format dedicato alle immagini in movimento?
«Da una parte, abbiamo accresciuto la rete dei partner con i quali lavorare e selezionare le opere: quest’anno erano l’Accademia di Belle Arti di Brera, l’Accademia di Belle Arti di Firenze, Careof di Milano, De Ateliers di Amsterdam, HIAP-Helsinki International Artist Programme, Kingston University di Londra, Le Fresnoy-Studio national des arts contemporains di Tourcoing, Rijksakademie van beeldende kunsten di Amsterdam, Royal College of Art di Londra, Royal Danish Academy of Fine Arts di Copenhagen, Royal Institute of Art di Stoccolma, Sandberg Instituut, Fine Arts di Amsterdam, Universität der Künste di Berlino, WIELS, Contemporary Art Centre di Bruxelles. La volontà è continuare ad ampliare questa rete, che ci dà l’opportunità di ampliare anche i temi, influenzando la selezione degli artisti. D’altra parte, per VISIO proviamo anche a confermare le collaborazioni pregresse, come nel caso di Seven Gravity Collection, collezione privata italiana interamente dedicata alle opere video di artisti contemporanei che, ogni anno, acquisisce una delle opere in mostra. Ciò che preferisco cambiare è invece la sede della mostra, da Palazzo Strozzi al Cinema La Compagnia, da Palazzo Medici Riccardi a Le Murate, per trovare nuove suggestioni e suscitare la curiosità del pubblico, pur mantenendo il format di 12 artisti che lavorano con il video».
Come si è sviluppato il legame tra Visio e Lo Schermo dell’Arte?
«Lavoro con Lo Schermo dell’Arte da 11 anni e posso dire che il dialogo è continuo, anzi, per la precisione VISIO è figlio del festival. È bello vedere in che modo VISIO funzioni come una sorta di piattaforma specificamente dedicata ai giovani artisti che, poi, magari, arriveranno anche nel cartellone principale del festival. Abbiamo avuto molte soddisfazioni, come Diego Marcon, che ha vinto il MAXXI Bulgari Prize e che sei anni fa ha partecipato alla mostra, oppure come Driant Zeneli, con noi lo scorso anno, che rappresenterà l’Albania alla prossima Biennale d’Arte di Venezia». (mfs)
In home: Basir Mahmood, Monument of Arrival and Return, 2016. Courtesy of the artist. Vincitore di VISIO Young Talent Acquisition Prize 2017
In alto: Alice Dos Reis, Mood Keep, 2018. Courtesy of the artist. Vincitrice di VISIO Young Talent Acquisition Prize 2018

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