Il primo atto di politica interna del governo delle doppie intese è appena compiuto e già sta creando i primi mal di pancia, con un botta e risposta tra Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo economico, che l’ha proposto, e Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro dell’interno, che l’ha appoggiato ma fino a un certo punto. È il cosiddetto Decreto Dignità, il cui nome lascia subito intendere che si tratta di un provvedimento sul lavoro e che, secondo il fotogenico leader della Lega Nord, «È un buon inizio, ma il Parlamento lo renderà ancora più efficiente e produttivo». Contrariato da questa ingerenza, il golden boy di Avellino, che risponde per le rime: «No a modifiche in Aula che annacquano». Ma per ora si tira avanti, pur con qualche pizzico, e il Consiglio dei Ministri l’ha approvato.
Tra le varie misure, ha destato particolare interesse quella che riguarda le assunzioni a tempo determinato, che graveranno sui datori di lavoro con un contributo addizionale sulla retribuzione imponibile a scopi previdenziali dell’1.9%, rispetto all’odierno 1,4%, con un supplemento dello 0.5%, a carico esclusivamente del datore di lavoro, a ogni rinnovo. Questo per incentivare i famigerati contratti a tempo indeterminato, che possiamo immaginare fioccheranno come una bianchissima nevicata, mica per spronare indirettamente al lavoro nero, un problema fatale ma che, dio ce ne scampi, in Italia non sappiamo nemmeno cos’è.
Comunque, ha fatto molto discutere anche la norma che regolarizza le sponsorizzazioni provenienti dal gioco d’azzardo.
«È vietata qualsiasi forma di pubblicità̀, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni ed internet», si legge nel testo integrale, Articolo 8. Questo per «rafforzare la tutela del consumatore e per un più efficace contrasto alla ludopatia», si legge sempre nel testo. Un provvedimento che sembra riguardare molto da vicino anche il settore dei beni culturali, contando che, per esempio, Sisal è stata main sponsor di Manifesta 12, e che Gioco del Lotto ha permesso il ripristino e il restauro di innumerevoli siti.
Si deve specificare, però, che si tratta di una norma con alcune eccezioni e che, per esempio, non riguarda i contratti di pubblicità̀ già in corso di esecuzione e le lotterie nazionali con estrazione in differita, per esempio la Lotteria Italia, e inoltre sono esenti dai nuovi limiti i giochi che dispongono dei loghi di sensibilizzazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Qualcosa di simile al divieto di propaganda pubblicitaria dei prodotti da tabacco che, in Italia, risale a circa 40 anni fa. Se continuate a vedere la scritta Marlboro da tutte le parti è solo perché le lobby del tabacco hanno pensato a migliaia di escamotage, alcuni molto fantasiosi, pur di continuare a reclamizzarsi.
In ogni caso, per chi dovesse violare le regole è prevista una sanzione amministrativa pari al 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e comunque non inferiore, per ogni violazione, a un importo minimo di 50mila euro. Restano confermate le multe dai 100mila euro in su, già previste dal decreto Balduzzi, in caso di pubblicità del gioco d’azzardo in trasmissioni o mezzi rivolti ai minori. I proventi delle sanzioni saranno devoluti al Ministero della Salute, per essere destinati al fondo per il contrasto al gioco d’azzardo patologico. Secondo una ricerca dell’Economist, nel 2017, l’Italia è stata al quarto posto nel mondo per soldi complessivamente spesi in giochi d’azzardo, 19 miliardi, mentre è all’ottavo posto per le perdite medie di ogni cittadino.