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A Casa Morra, lo spazio napoletano ideato da Giuseppe Morra a Palazzo Ayerbo D’Aragona Cassano, è in atto un progetto di pianificazione di 100 anni di mostre, organizzate secondo il meccanismo del gioco dell’oca. Sebbene ci sia un punto di partenza, il 2016, e un punto d’arrivo, il 2116, non si tratta di un percorso strettamente lineare. Sono previsti eventi, acquisizioni di opere e cambi di allestimenti, che costituiscono rimandi a precedenti episodi-caselle di gioco. L’unico porto sicuro a cui si fa sempre ritorno è rappresentato fisicamente dallo spazio dell’archivio.
Protagonisti della terza tappa, “3P+B”, sono Luca Maria Patella, Cesare Pietroiusti, Vettor Pisani e Nanni Balestrini, e il gioco pone una sfida non facile, perché ambientato in luoghi dal fascino decadente e segnati dalla storia, oltre che dalle opere di un grande dell’arte, come Hermann Nitsch, i cui residui delle varie Aktion sono qui allestiti, oltre che al Museo a lui dedicato, sempre della Fondazione Morra e a pochi metri di distanza. Sebbene ogni artista abbia la sua peculiarità, in ognuna delle loro opere è possibile rintracciare un confronto con il mondo delle parole. Patella propone l’opera Alberi parlanti, in cui è possibile ascoltare un dialogo sussurrato tra alberi. Dell’artista romano e di sua moglie, Rosa Foschi, sono visibili anche i film, per la rassegna in programma all’Archivio di Mario Franco. Di Pisani è esposto Il mio cuore è un cupo abisso, una ricerca sul rapporto tra pittura e testo. La Colonna verbale di Balestrini è una marcata indagine sulla parola, dal punto di vista tanto grammaticale che comunicativo. Di Balestrini è proiettato anche Tristanoil, il film più lungo del mondo (2400 ore), sullo sfruttamento delle risorse della Terra. Pietroiusti presenta Lavori da vergognarsi, un riscatto di opere mai esposte poiché fuori contesto o inadeguate per l’epoca in cui sono state fatte. (Ambra Benvenuto)
In home: Cesare Pietroiusti, Casa Morra, 2018. © Iacopo Seri
In alto: Vettor Pisani, Il mio cuore è un cupo abisso (particolare), 2009. ©Fondazione Morra