Il Louvre ha rimosso ogni riferimento al nome della famiglia Sackler dai suoi apparati informativi nelle sale e dal suo sito web ma, a quanto pare, questa azione non è stata una conseguenza delle proteste di
Nan Goldin. Due settimane fa, l’artista e attivista, insieme al collettivo PAIN-Prescription Addiction Intervention,
ha inscenato una accesa protesta davanti al museo parigino, chiedendo di non accettare più i finanziamenti provenienti dalla famiglia che possiede la Purdue Pharma, società farmaceutica che produce l’antidolorifico oppiaceo OxyContin, responsabile della crisi degli oppiacei che sta mietendo migliaia di vittime negli Stati Uniti. E, in effetti, il museo ha cancellato il nome della famiglia, anche dai grandi cartelli dell’ala delle antichità orientali, conosciuta come “Aile Sackler des Antiquités orientales”.
Ma, secondo il direttore Jean-Luc Martinez, la causa sarebbe ascrivibile alla cessazione naturale di un accordo ventennale e non all’intervento di Goldin. Secondo Martinez, infatti, i Sackler effettuarono la loro donazione nel 1993 e, quindi, scaduto l’accordo, è stata rimossa anche la citazione. Che poi al Louvre si siano ricordati di cancellare il nome solo nel 2019, quindi diversi anni dopo il termine previsto, è la classica coincidenza. Sì, certo. Insomma, non una grandissima figura, da parte del museo più importante del mondo che, preso tra l’incudine e il martello, ha fatto la scelta giusta ma non è riuscito a portarla fino in fondo.
Sono stati gli stessi attivisti a contestare la dichiarazione del direttore: «Questa è una bugia su due fronti. Innanzitutto, la dedica delle sale alla famiglia Sackler avvenne nel 1997, due anni dopo l’immissione sul mercato dell’Oxycontin. In secondo luogo, sul sito e sulle targhe compariva chiaramente il nome solo fino a poche settimane fa». PAIN ha infatti condiviso le fotografie dei pannelli incriminati, scattate pochi giorni prima della protesta del 29 maggio e immagini più recenti mostrano che il nome è stato oscurato in tutta fretta, addirittura usando del nastro adesivo scuro.
Inoltre, gli attivisti sostengono che in nessuno dei documenti ufficiali del Louvre c’è scritto che una sala possa essere dedicata a un donatore solo per un massimo di 20 anni. «Protestiamo contro questo tentativo di riscrivere la storia e chiediamo a Jean-Luc Martinez di rettificare quanto prima le sue dichiarazioni al fine di rendere ufficiale la rimozione del nome dei Sackler dal Louvre», si legge nella dichiarazione.
D’altra parte, gli attivisti riconoscono le difficoltà del museo nel diramare un annuncio ufficiale in merito a tale argomento ma stanno incoraggiando le istituzioni di tutto il mondo che hanno accettato denaro dai Sacklers a prendere una decisione consapevole. In molti casi, con successi clamorosi, c
ome nel caso del Metropolitan di New York e
della National Portrait Gallery, che hanno deciso di non accettare più donazioni insanguinate.
Non sempre, però, i musei si sono mostrati sensibili all’argomento. Per esempio, la settimana scorsa,
Tristram Hunt, direttore del Victoria & Albert Museum di Londra,
ha dichiarato di essere addirittura «orgoglioso» del fatto che la sua istituzione sia stata sostenuta dalla famiglia Sackler. Questione di gusti.