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Dallo scorso mese di gennaio Frances Morris è diventata la prima direttrice donna di un museo inglese, la Tate Modern, dopo aver lavorato nell’istituzione per 29 anni. E chissà, forse anche per questa lunga gavetta, la Morris si è tolta qualche sassolino dalla scarpa parlando con il quotidiano australiano Sydney Herald.
L’argomento? Un tema molto in voga negli ultimi tempi: il sessismo nell’arte contemporanea.
«Mi è servito molto tempo per farmi strada nella gerarchia istituzionale, e suppongo sia una situazione normale per molte donne», ha dichiarato al giornale la direttrice, spiegando che la differenza di genere non si limita alle istituzioni, ma sconfina nel mercato.
«C’è un gran numero di interessi di parte nel mondo dell’arte e penso che questa situazione stia ritardando il cambiamento sociale, ma la situazione non è molto diversa da altre istituzioni, se si guarda il settore commerciale». Poi, l’affondo: il mondo dell’arte è un “Boy’s Club”, un club per soli uomini.
Meno male, in realtà, che Frances c’è. E che negli anni, nella sua Tate, ha portato in scena altrettanti grandi donne, da Louise Bourgeois nel 2007 a Yayoi Kusama nel 2012 e Agnes Martin nel 2015. Nonostante le critiche per aver omesso Ana Mendieta e aver dato spazio a Carl Andre proprio in occasione dell’opening della new Tate.