S’avanza a passi da gigante la ristorazione-in-museo anche in Italia. Un settore che è ormai imprescindibile in paesi come Francia, Stati Uniti e Spagna (perché fidelizza il visitatore, perché aumenta e completa le attrattive del museo, perché lo rende vivo la sera, perché lo trasforma in attore a tutti gli effetti della vita di una città), ancora fatica a prendere piede (con qualità) anche in Italia, ma qualcosa sta cambiando. Ce lo conferma la
Guida del Gambero Rosso 2010 che nella sezione dedicata alla città di Roma – che anticipa di qualche giorno l’uscita nazionale – pone l’
Open Colonna, ristorante del Palazzo delle Esposizioni, al terzo posto assoluto in città. Come dire una delle tavole imperdibili per gourmet di passaggio o per appassionati d’arte col vizietto della buona tavola.
Un risultato – quello della buona scelta di Palaexpo (azienda comunale) nel selezionare Antonello Colonna come gestore degli spazi di ristorazione – che deve essere un viatico per tutti i musei italiani. Specie in quelli d’arte contemporanea, dove la commistione e l’interazione tra le varie forme di creatività (figurativa, plastica, gastronomica…) deve per definizione essere incoraggiata. Un risultato che si affiancherà al senz’altro eccellente punteggio che otterrà Davide Scabin nel suo ristorante nel Castello di Rivoli, da anni considerata una delle migliori tavole del paese.
La ristorazione di qualità nei centri d’arte contemporanea italiani tuttavia rischia di fermarsi qui. Il Mart è in condizioni francamente indecorose da questo punto di vista, il Pecci e il Mambo sono riusciti a allestire al massimo simpatici bistrò. Poco ha fatto anche il francese Pinault, nei suoi spazi veneziani. Sul sito del Madre di Napoli intanto è scomparso il link al ristorante Madre&Vino, curato dal grande chef Iaccarino (ma in questo settore le consulenze non vanno), mentre nei begli spazi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma l’offerta buongustaia è poco più che mediocre.
La speranza sono dunque i nuovi spazi in via di realizzazione a Milano (Museo del 900) e Roma (Macro e Maxxi). È qui che ci si dovrà concentrare per fornire il museo di una struttura di ristorazione interessante e di richiamo, senza della quale si pone l’intera istituzione in una condizione di inferiorità rispetto ai principali competitor internazionali che su quelli che si chiamavano una volta “servizi aggiuntivi” ormai non sbagliano un colpo.
[exibart]