03 febbraio 2015

Impossibile che il governo finanzi un museo. E così Beirut chiede aiuto a Christie’s e lancia una grande campagna di crowdfunding

 

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Se tutto andrà come previsto le porte si apriranno nel 2020, e il nome sarà “Beirut Contemporary”. Il Libano, che a tutti gli effetti sforna bravi artisti che però – in un fenomeno che ben conosciamo – vanno a lavorare altrove, sta nutrendo la speranza di un suo museo dedicato all’arte di oggi, ma visto che dal governo locale non arriverà un soldo in aiuto, ci si è rivolti a Christie’s, e aprendo una campagna di crowdfunding promossa dall’Association for the Promotion and Exhibition of the Arts in Lebanon (APEAL), denominata “Museum in the making”. 
L’inizio del progetto, così, è stata una serata di gala all’Hilton, dove la casa d’aste ha battuto 20 pezzi donati da altrettanti artisti libanesi: Diyaa Azawi, Chawki Chamoun, Abdel Rahman Katnani, Nadim Karam, Akram Zaatari, Marwan Sahmarani, Elie Kanaan, Paul Guiragossian, Alfred e Michel Basbous, Jamil Molaeb (nella foto in alto) Nabil Nahas Ayman, e Osama Baalbaki.
La cifra raggiunta? Qualcosa come 500mila dollari (comprese le quote per la cena), che saranno utilizzati per iniziare i lavori.
La speranza è quella che Beirut possa diventare un avamposto dell’arte in Medio Oriente, alla stregua di Abu Dhabi e dopo l’esplosione di Dubai negli scorsi anni.
Michael Jeha, manager dell’arte Middle-east di Christie’s ha dichiarato che è ben chiaro che la sicurezza del Paese è instabile, «ma l’arte si prefigge principalmente di unire le persone piuttosto che dividere. Gli amanti dell’arte e i sostenitori considerano questo il punto di partenza per andare avanti, armati della speranza di completare la costruzione dell’edificio e la raccolta dei fondi necessari». Vedremo, il futuro è alle porte. 

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