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Hiroaki Umeda (Tokio, 1977), globale e vorace performer giapponese attivo in Francia, è solito immergere il suo corpo in una vera e propria tempesta di luci, suoni e tecnologia. Il prossimo 17 novembre, Umeda chiuderà a Modena l’ultima edizione del NODE Festival con la performance Intensional Particle, nella quale reinterpreta le particelle atomiche che compongono la materia non come elementi statici, bensì come componenti attive e in movimento, la cui forza cinetica diventa appunto la forza di intensione che Umeda intende catturare e quindi rappresentare. Abbiamo raggiunto l’artista per scambiare con lui alcune battute e saperne di più sul suo lavoro.
Ci racconteresti come è iniziato, due decenni fa, anche con la creazione della compagnia di danza S20, il tuo processo artistico?
«Studiavo fotografia all’Università, ero interessato alle arti visive ma non ero soddisfatto nel far solo fotografia. Cercai quindi un nuovo linguaggio e ho trovato la danza come forma artistica e mi ci sono avvicinato. Ero anche interessato ad utilizzare il computer per creare tutti gli elementi di una performance di movimento, come il suono, le luci, il video e così via. Era entusiasmante per me connettere tutti i diversi elementi attraverso l’utilizzo del computer».
In Intensional Particle sei immerso in una tempesta di particelle atomiche nelle quali danzi distopicamente, come nasce l’idea di questa coreografia?
«Ero interessato nel coreografare forze di movimenti del corpo umano che è l’iniziazione del movimento di danza del corpo umano e Volevo coreografare il corpo umano e le luci come una cosa unica. Quindi ho pensato che il linguaggio per connetterli entrambi fosse la forza del movimento in maniera astratta utilizzando sensori muscolari di movimento e catturando i dati della mia danza e utilizzando la programmazione di vettori sul campo, ho provato a comporre entrambi danza e visual. In termini di movimento non vedo alcuna differenza tra corpo umano e altri corpi».
Che progetti ha in cantiere per il prossimo futuro?
«Vorrei provare differenti formati come la realtà virtuale in un performance di danza. Nel futuro mi piacerebbe coreografare ancora cose naturali come cellule, acqua ed altro come parte del corpo umano». (Vincenzo D’Argenio)