Sensuale, sacro, ideale, sono le varie forme assunte dal Paradiso, come descritto da Josè Lezama Lima, Dante e John Milton, nelle loro opere capitali. E, una volta, c’era anche un Paradiso molto vicino a noi, quello dell’America Latina, considerato dai primi conquistadores europei una sorta di eden ma che, oggi, esprime tutte le contraddizioni del mondo occidentale. Da queste considerazioni, tra letteratura e geografia politica, prende le mosse la mostra in esposizione da Albumarte, spazio indipendente con sede a Roma e, da sempre, impegnato nell’indagine sui temi e i linguaggi più attuali e che, recentemente, ha avviato un focus sul mondo sudamericano, ospitando, tra le altre cose, anche un talk con Teresa Margolles.
Per la collettiva, a cura di Rosa Jijòn e visitabile fino al 21 aprile, sarà possibile approfondire le ricerche di Marlon de Azambuja (Brasile), Elena Mazzi (Italia), Estefanía Peñafiel Loaiza (Ecuador), Juan Esteban Sandoval (Colombia), Oscar Santillán (Ecuador), artisti che vantano una significativa esperienza internazionale e collaborazioni con importanti musei come il Jeu de Paume di Parigi o il MUAC di Città del Messico. Video, installazioni, tecniche miste, per raccontare le declinazioni della globalizzazione, l’impoverimento dell’ambiente, l’alterazione del tessuto sociale. Ci dice di più Cristina Cobianchi, Presidente e Project Manager di Albumarte.
Ci spieghi perché “Paradiso” e perché sono temi fortemente attuali?
«Dopo l’incontro, nel giugno del 2017, con l’artista messicana Teresa Margolles, una testimonianza di forza straordinaria che ha lasciato il pubblico profondamente scosso, AlbumArte torna a occuparsi di America Latina con PARADISO, una mostra che riunisce quattro artisti latino americani che vivono in Europa e un’artista italiana affine alla loro poetica. La curatrice è Rosa Jijon, artista originaria dell’Ecuador, che ha rappresentato il suo Paese alla 54^ Biennale di Venezia, nel 2011, oggi Segretaria Culturale dell’IILA, Organizzazione Internazionale italo-latinoamericana. La parola Paradiso rimanda al concetto che i colonizzatori avevano dell’America Latina, un territorio vergine, un Paradiso terrestre, cioè un luogo e uno stato di indisturbata felicità. Quel Paradiso è diventato oggi un insieme di nazioni indipendenti che stanno costruendo un momento sperimentale di democrazia partecipata e progresso della società, pur convivendo con molti problemi irrisolti e tante contraddizioni, come le incongruenze sociali e ambientali, interpretati qui dalle opere di questi cinque artisti che presentano una mostra composta da vari linguaggi, legati tra loro dall’insofferenza etico politica per l’uso arbitrario dell’ambiente e dello sfruttamento incongruo delle risorse umane. In mostra, i video, le istallazioni, i lavori a tecnica mista e le opere realizzate con reperti naturali, parlano di questo. Tutti gli interventi nella mostra Paradiso, ci fanno riflettere su dove stiamo andando e come stiamo compiendo il viaggio, dopo la globalizzazione dell’economia e l’alterazione del tessuto economico, sociologico e politico delle nazioni e delle città».
Come si è sviluppata la collaborazione tra AlbumArte, il Jeu de Paume e il Museo di Città del Messico?
«Attraverso gli stessi artisti: il Jeu de Paume di Parigi o il MUAC di Città del Messico hanno prodotto tre tra le opere che abbiamo in mostra, che facevano parte delle mostre personali che gli artisti hanno realizzato l’anno scorso in quei musei».
Albumarte è uno spazio indipendente, con intense connessioni internazionali. Come strutturate la vostra programmazione?
«L’attività di AlbumArte praticamente inizia all’estero, dove organizza dal 2010 al 2014, screening video con dibattiti, residenze d’artista con mostra finale, sempre esclusivamente in istituzioni pubbliche. Quando apre lo spazio espositivo a Roma nel 2014, lo fa con tre residenze e una mostra in connessione con La Cité des Art di Parigi. Da sempre abbiamo avuto voglia di portare artisti italiani all’estero e far conoscere qui artisti stranieri. Diciamo che ora l’urgenza impone di presentare artisti italiani anche a Roma, perciò ci siamo dedicati anche al sostegno alla giovane arte italiana, pur continuando a invitare artisti dall’estero. Per gli artisti italiani non abbiamo quasi mai fondi esterni, per gli stranieri riusciamo a vincere bandi internazionali con ministeri della cultura dei paesi di provenienza o con organizzazioni internazionali, come per esempio ultimamente la Mondrian Found. Monitoriamo il panorama artistico nel solito modo, studio visit, monitoraggio mostre, rapporti con curatori. Potremmo anche realizzare una programmazione interamente internazionale, ma penso che sostenere l’arte italiana sia un dovere morale e una forma di resistenza in questo periodo difficile. Oltre alle mostre, realizziamo progetti continuativi che creano approfondimento, per noi importantissimo, come AlbumArte | Residenze, Anteprima un progetto itinerante, AlbumArte | VideoArtForum, la nostra rassegna internazionale di video e film d’artista, AlbumArte | Flash! che è un ciclo di mostre brevi (la prossima dal 3 maggio sarà la personale di Zaelia Bishop a cura di Silvano Manganaro) e i nostri Eventi Speciali (il prossimo il 26 aprile con Juliet Jacques a cura di Manuela Pacella). Produciamo anche video d’artista come la serie Chasing Boundaries di Zaelia Bishop e Emanuele Napolitano (prossimo quarto capitolo a Scutari, in collaborazione con Art House, a cura di Adrian Paci)».