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Le forme del contemporaneo. Annunciati i vincitori della settima edizione del Premio Fabbri

di - 26 Novembre 2018
Il viaggio come condivisione social, le costrizioni del gender, la cronaca a sfondo razziale. E poi, un villaggio icona del boom italiano, le produzioni artigianali, le migrazioni e gli abusi sessuali. Sono di estrema attualità e urgenza, i temi sui quali sono incentrate le opere vincitrici e quelle menzionate nell’ambito della settima edizione del Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee, annunciate nel corso dell’apertura della mostra collettiva dei finalisti, a cura di Carlo Sala e visitabile presso gli spazi di Villa Brandolini, a Solighetto di Pieve di Soligo, fino al 16 dicembre. La giuria del Premio è stata composta, per la sezione Arte Emergente, da Lorenzo Balbi, Lucrezia Calabrò Visconti, Stefano Coletto e Stefano Raimondi, mentre per la sezione Fotografia Contemporanea, da Matteo Balduzzi, Daniele De Luigi, Vincenzo Estremo e Francesco Zanot, con la partecipazione a entrambe di Sala.
Ad aggiudicarsi il primo premio per la sezione Arte Emergente, è Was it me? Screen memories (2017), opera di Luca Staccioli, nato a Imperia nel 1988. A scandire il video, in un fantasmagorico viaggio intorno a un mondo iperconnesso, sono mmagini vernacolari prelevate da piattaforme social, fotografie provenienti da archivi storici e souvenir di vari natura, da una bottiglia di Coca-Cola riempita di sabbia alla riproduzione della Tour Eiffel, da un barattolo di conserva tunisina a delle vecchie cartoline dell’Eritrea, ritmate da interrogativi su come sia fallace la narrazione identitaria, fondata sulle scorie dell’immaginario colonialista. Io non posso entrare (autoritratto) è l’opera di Ruth Beraha (Milano, 1986) che ha ricevuto la prima menzione della giuria. Attraverso il linguaggio minimale di una targa in ottone con inciso “Vietato l’ingresso agli ebrei e agli omosessuali”, l’opera di Beraha richiama Lo schiavista, romanzo di Paul Beatty che racconta la storia paradossale di un afroamericano imputato per segregazione razziale. La seconda menzione della giuria è andata a Fabio Ranzolin (Vicenza, 1993) per l’installazione Be muscular, be hairy, be virile, be burly, be arrogant, be glacial, be hard, be a man (part.1) del 2017, che riflette sull’identità di genere, enunciando una serie di caratteristiche motivazionali a cui l’uomo deve adeguarsi per rispondere a uno stereotipo sociale spersonalizzante.
Per la sezione Fotografia Contemporanea, vince Mimì Enna (Oristano, 1991), con il lavoro Senza titolo 1 e 2 (dalla serie To get some air) del 2017. L’opera è stata realizzata durante una residenza al Villaggio Eni di Borca di Cadore, l’utopico progetto urbanistico realizzato tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta su impulso dell’imprenditore Enrico Mattei. In un poetico dialogo tra naturale e artificiale, l’artista apre un confronto tra l’interno dell’edificio abbandonato da anni e il paesaggio che lo accoglie, proiettando le locali catene montuose sui mobili e oggetti originali della colonia. La prima menzione della giuria è andata a Tomaso Clavarino (Torino, 1986) per lo scatto To never forget (2018) dalla serie Confiteor (Io Confesso). Il soggetto riguarda il terribile fenomeno degli abusi sessuali su minori commessi da religiosi, raccontato alternando ritratti, fotografie d’archivio, still life di oggetti e ritagli di giornale. Ad aggiudicarsi la seconda menzione della giuria è stato Massimo Ricciardo (Darmstadt, 1979) con il lavoro Objects of Migration, Photo-Objects of Art History: Encounters in an Archive (2018). L’intervento mette in relazione alcuni oggetti persi dai migranti, come le SIM card dei cellulari, durante il viaggio con le immagini della fototeca del Kunsthistorisches Institut di Firenze, creando così degli inediti dialoghi e cortocircuiti di senso.
Infine, ad aggiudicarsi il Premio speciale TRA / Ca’ dei Ricchi è stato Matteo Valerio (Tampa, 1989) con Dream of intangible culture (2018), lavoro dedicato alle produzioni artigiane strettamente connesse alla storia e alle tradizioni di determinate comunità, mosse da criteri di sostenibilità, dalla lana alpaca del settore tessile di Biella alle stampe realizzate a carbone a Manchester, dai cotoni della regione del Guizhou in Cina fino ai prodotti di una fonderia della provincia di Vicenza.
I vincitori hanno ricevuto un premio acquisto di 5mila euro e i loro lavori sono entrati a far parte della collezione della Fondazione Francesco Fabbri Onlus, che li custodirà a Casa Fabbri, il centro residenziale teatro di numerosi eventi.
In home: Mimì Enna, Senza titolo 1 e 2 (dalla serie To get some air), 2017
In alto: Luca Staccioli, Was it me, Screen memories, 2017

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