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Una sentenza oggi ha reso i discendenti di Pablo Picasso ancora più ricchi, ma il mistero che aleggia sulle 271 opere dell’artista, uscite fuori qualche anno fa dal garage di un elettricista, non finisce qui.
Pierre Le Guennec e sua moglie Danielle, entrambi sulla settantina (nella foto), nel 2010 portarono i 271 lavori a Parigi affinché fossero autenticati da Claude Picasso, figlio di Pablo. Con sgomento degli eredi le opere erano effettivamente attribuibili al maestro del cubismo, fatto che costò ai coniugi un’accusa per ricettazione e l’immediato sequestro dei beni.
I pezzi datati dal 1900 al 1932 includono ritratti di Olga, una delle mogli di Picasso, nove collage in stile cubista, un acquerello del periodo blu, gouaches, litografie e 200 disegni. Nonostante non siano presenti lavori inestimabili, il lotto nel complesso vale una cifra esorbitante.
Secondo la versione di Le Guennec le opere gli sono state consegnate nei primissimi anni Settanta dalla moglie dell’artista spagnolo, al termine di uno dei servizi da tuttofare che abitualmente svolgeva nella loro casa in Costa Azzurra. L’elettricista ha affermato di aver ricevuto una scatola da Jaqueline Roque, senza però aver colto l’inestimabile valore del contenuto. Sembra infatti che il tesoro fatto di dipinti e schizzi sia rimasto per quarant’anni custodito in un garage, finché la coppia non ha deciso di chiederne l’autenticazione.
Le dichiarazioni di Le Guennec non sono state considerate attendibili, senza torto se si considera che all’epoca Picasso era già molto famoso e che risulta difficile credere che i coniugi abbiano lasciato un tesoro del valore di circa 70 milioni di euro per tutto questo tempo in un garage. Piuttosto si pensa che, a causa della difficoltà nel vendere i pezzi, marito e moglie siano stati contattati da una banda di riciclaggio internazionale di opere d’arte, in quanto persone vicine a Picasso. La corte ha in parte seguito questa argomentazione, condannando oggi i coniugi per ricettazione. Ma la coppia ha annunciato che non si fermerà e che è già pronta per andare in appello. (Giulia Testa)