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Leonardo d’America. Cosa successe quando Jackie Kennedy portò la Monna Lisa oltreoceano

di - 24 Novembre 2018
La Lega ha deciso di usare il pugno di ferro contro i nemici della patria e, ovviamente, questa posizione si traduce in ogni ambito, dall’economia all’arte. Per esempio, hanno fatto discutere le affermazioni di Lucia Borgonzoni, sottosegretaria al Ministero per i beni e le attività culturali, che ha negato il prestito delle opere di Leonardo al Louvre, per la grande mostra che il museo francese organizzerà in occasione del cinquecentenario del genio vinciano, contravvenendo ai patti già stipulati da Dario Franceschini. Per carità, siamo ben lontani dalle atmosfere da Guerra Fredda ma sappiamo che la storia tende a ripetersi, più o meno in scala, e infatti non è la prima volta che Leonardo si trova al centro di una situazione di attrito politico. Nel 1961, quando Stati Uniti e Russia interloquivano pubblicamente con il linguaggio dei missili nucleari, alla Casa Bianca fervevano i preparativi per organizzare una mostra d’arte. Anzi, la mostra d’arte.
Sullo scacchiere delle sfere di influenza i confini cambiavano ogni giorno e gli USA erano alla ricerca di alleati per far sentire Krusciov un po’ più solo. André Malraux, ministro francese degli affari culturali, incontrò Jackie Kennedy durante una visita presidenziale a Parigi, nel 1961. John F. Kennedy era in carica da soli quattro mesi e non riuscì a far presa su Charles de Gaulle ma il presidente francese non poté proprio resistere al fascino e ai modi di Jacqueline. L’anno successivo, durante una cena ufficiale alla Casa Bianca, con Malraux ospite d’onore, l’affondo. L’America voleva la Monna Lisa, l’opera d’arte più importante del mondo, e la voleva subito. Questo voleva dire far affrontare a un simbolo nazionale quale la Joconde un viaggio intercontinentale in pieno inverno. Sappiamo quanto i francesi ci tengano alle proprie icone e infatti, quando la notizia venne diramata, a Parigi le persone scesero in piazza per protestare. La Monna Lisa aveva lasciato il Louvre solo in una occasione e non era andata tanto bene: nel 1911, l’opera era stata trafugata dall’ex impiegato del museo Vincenzo Peruggia e portata in Italia. I francesi riconobbero in questa mossa degli Stati Uniti un esempio di arroganza ma il messaggio era chiaro: siamo pronti ad assumere la responsabilità di tutti i rischi.
L’assicurazione venne fissata a 100 milioni di dollari, corrispondenti oggi a oltre 800 milioni, stabilendo il Guinness World Record per la massima valutazione ma la posta in gioco era ancora più alta. Cosa sarebbe successo se qualcosa fosse andato storto? Imballato in una scatola a temperatura controllata e accompagnato da guardie armate, il dipinto arrivò illeso a New York City il 19 dicembre 1962. Collocato all’interno di un furgone blindato con aria condizionata, fu portato direttamente alla National Gallery of Art di Washington. Per quasi tre settimane la Gioconda venne conservata in un caveau di sicurezza, in attesa del completamento dei lavori di allestimento. La mostra aprì l’8 gennaio 1963, nello stesso giorno dell’apertura dell’88mo Congresso, alla presenza di tutte le più alte cariche dello Stato e delle personalità pubbliche. Mai un’opera era stata prestata direttamente ed espressamente a un presidente e, soprattutto, a sua moglie, mai l’organizzazione di una mostra era stata una questione ufficiale per la Casa Bianca. ‹‹Questo dipinto è la seconda signora che il popolo della Francia ha inviato negli Stati Uniti e anche se non resterà con noi come la Statua della Libertà, il nostro apprezzamento è altrettanto grande››, disse Kennedy nel suo discorso di presentazione dell’esposizione.
Durante la sua permanenza alla National Gallery, la Monna Lisa fu vista da 518.525 persone, quindi, il 6 febbraio, il trasferimento al Metropolitan Museum di New York dove, in un mese, venne ammirata da 1.077.521 visitatori. Si trattava della prima mostra museale di successo e risonanza globali. Gli Stati Uniti ci erano riusciti, avevano portato il primo uomo sulla Luna e la Monna Lisa nei musei americani. L’arte era diventata ufficialmente un’appendice della guerra.

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